25
aprile
La
vicenda di Emilio “Dote” Sacerdote
Magistrato, partigiano, prigioniero del Lager
di
D.S.
Storie
come quella di Emilio Sacerdote ci fanno male e bene a un tempo. Ci fanno male
perché ripercorrono l’ennesimo itinerario di dolore, di vuoto, di scomparsa
nel nulla e di lacerazioni familiari che caratterizza ogni vita travolta dalla
Shoah. Ci fanno bene perché ci portano a rivivere un’esperienza di alto
valore morale, civile, politico sulla quale è sempre utile riflettere.
Magistrato calabrese nato a Monteleone (oggi Vibo Valentia) nel 1893, nel 1938,
a Milano dove da tempo vive, Sacerdote è offeso in quanto ebreo durante una
pubblica udienza. Amareggiato, lascia la magistratura ancor prima di essere
radiato dall’Albo degli avvocati in seguito alle leggi razziali. La guerra
coglie lui come tutti gli ebrei italiani in una posizione di evidente
emarginazione, che si fa drammatica dopo l’8 settembre. Emilio decide di non
cercare rifugio in Svizzera, come molti fanno, ma di opporsi all’occupazione
tedesca e alla Repubblica Sociale. Si unisce ai partigiani entrando nella
formazione autonoma della Valle di Viù, una delle Valli di Lanzo vicino a
Torino. Ora si fa chiamare “Dote” e per la sua alta formazione giuridica
diviene rapidamente Presidente del locale Tribunale Partigiano e Capo di Stato
Maggiore. Manterrà questi incarichi anche quando passerà alle formazioni
garibaldine e poi a quelle GL. È una classica delazione a tradirlo il 30
settembre 1944, quando viene arrestato, portato prima alle Nuove di Torino e poi
rinchiuso nel Lager di Gries presso Bolzano. La sua condizione di ebreo viene
nel frattempo scoperta per la denuncia dello stesso delatore. Sappiamo
dell’aggravarsi della sua situazione al campo di Gries e della pesantezza del
suo lavoro “di pala e di picco” da alcune lettere che può scambiare con i
suoi familiari grazie all’aiuto di un autista della Lancia. Poi, come in altri
analoghi casi drammatici di cui abbiamo notizia, è lo stesso Dote ad annunciare
con una lettera a casa la sua partenza per il Lager, di cui certo ignora
l’essenza distruttiva. La sua destinazione è Flossenbürg, in Germania, dove
resiste quasi fino alla conclusione della guerra. Viene quindi trasferito a
Bergen Belsen, come risulta da una Transportliste
dell’8 marzo 1945. Questo documento precedente di due mesi alla fine del
conflitto è l’ultima traccia di vita che abbiamo di lui.
D.S.