Quarantena
Due poesiole
di Federigo De Benedetti
PROSAPIA
Dopo il grande Diluvio
Nostro padre fu Sem;
Poi, come una gran cascata,
I Profeti, i Patriarchi
I rabbini sapienti
Filosofi e scienziati
Letterati a bizzeffe
E musicisti sommi.
Tra tanti, i venditori
A Marino e Frascati
Di ditali e di stracci
I veri Ebrei erranti
Che gli altri non toccavano
Se non con calci in culo
Con pantofole sacre
Solo una volta al’anno.
Ma Noè, tra i suoi figli,
C’aveva anche quel Cam,
(Che quindi ci è prozio,
Dalla parte paterna),
La cui schiatta fu immensa
(Quelli a vagar nel deserto
Questi su sabbie nostre,
O meglio degli Spada)
Anch’essi venditori
Dei lor poveri stracci
Taroccati, si sa.
Ma le spiagge di adesso
Anche sono deserto,
Come l’attraversato
Dagli Ebrei con Mosè.
Dove saran finiti
Questi nostri cugini?
E a te, che te ne frega?
Come tutti i feddeli
Di quarsivoglia credo
Ognuno ha da penzà
A li mortacci sua.
QUARANTENA
C’è Gesù c’è Maometto
C’è San Pietro e Noè
Han sbarrato il portone
E adesso non c’è santo
Nessuno entra né esce
Sia cristiano o giudeo
O musulmano o ateo,
Restano loro quattro
Han sorbito il caffè.
(Le donne son di là
A lavar le stoviglie
E a guardare in tivù
Lisa di Villombrosa
A cena il vecchio padre
Noè del gran diluvio
Ha bevuto un po’ troppo
E adesso ha gli occhi lucidi
Con ira di Maometto:
‘Sei di nuovo ubriaco?
Cosa aspetti a smazzare?’
(Stan giocando a burraco).
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