Ripartire dalla legge istitutiva.
Ogni anno, in occasione del Giorno della Memoria, arrivano puntuali le polemiche sulla sua utilità, sulla necessità di parlare anche di altri genocidi e, dall’8 ottobre 2023 in poi, su quale debba esser il rapporto di questa giornata con Israele e su come di debba trattare questa giornata alla luce di quanto avviene a Gaza o di come non sia possibile parlare della Shoah senza parlare della guerra in corso tra israeliani e palestinesi.
È certamente lecito criticare il Giorno della Memoria, se si ritiene che questo non sia la maniera più indicata a mantenere vivo ed attuale il ricordo della Shoah. Non è invece condivisibile la posizione di chi sfrutta il Giorno delle Memoria per polemizzare sull’attualità politica o per stigmatizzare avversari, come spesso si legge sui giornali italiani a ridosso del 27 gennaio.
Personalmente ritengo che molte di queste polemiche siano del tutto strumentali e che dimostrino, in sostanza, che non è stato ancora appieno compreso davvero il significato né del Giorno della Memoria né di cosa sia stato il nazi-fascismo e le persecuzioni che esso ha perpetrato in Europa.
La legge istitutiva del Giorno della Memoria, fortemente voluta dal compianto Furio Colombo scomparso poche settimane fa, è composta da due soli articoli:
Articolo 1
La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, «Giorno della Memoria», al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Articolo 2
In occasione del «Giorno della Memoria», sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.
La lettura di questi due articoli non lascia adito ad alcun dubbio.
Da un lato la legge riconosce la Shoah come un unicum, dall’altro ci invita a ricordare che questo unicum è avvenuto nel più ampio contesto di un sistema di regimi totalitari che in gran parte dell’Europa hanno perseguitato ed ucciso, nelle maniere più efferate, milioni di oppositori politici e semplici cittadini, appartenenti a categorie non desiderate, minoranze etniche e religiose, così come appartenenti a diversi orientamenti sessuali o disabili.
La legge ci invita a ricordare ma, più importante ancora, ci invita a studiare come questo sia potuto accadere e su cosa sia necessario fare affinché non accada mai più. La legge sottintende che conoscere, approfondire e riflettere su questi temi sia la ricetta vincente per creare cittadini consapevoli del valore della democrazia e della libertà “affinché simili eventi non possano mai più accadere”. Questo concetto deriva direttamente da quanto Primo Levi dice nella conclusione de “I sommersi e i salvati”: “È avvenuto quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire”. Levi continua poi chiarendo che verosimilmente non accadrà come durante il nazi-fascismo, ma in modalità nuove e differenti, in modo magari parziale e non così spietato ed organizzato, ma che fatti simili accadono continuamente in molte parti del mondo.
È quindi chiaro che è necessario studiare la storia ed il contesto in cui la Shoah e le persecuzioni sono avvenute, senza imporre verità precostituite, come è successo ad esempio in Polonia, per capire quali siano stati i meccanismi che hanno portato molte nazioni d’Europa ad abbracciare nella prima metà del ‘900 quelle ideologie totalitarie, in modo da poterli identificare e contrastare ma, al contempo, è altrettanto importante capire come le scelte individuali dei singoli contino e possano cambiare in qualche modo il corso degli eventi piccoli e grandi fino a diventare anch’esse la Storia.
La Shoah e tutte le persecuzioni cui fa riferimento la legge istitutiva del Giorno della Memoria sono l’esito della negazione del valore dell’essere umano e della sua libertà. Accrescere nella società la consapevolezza di quanto questi valori siano fondamentali, inscindibili ed imprescindibili è il solo vero modo per evitare che quanto è accaduto possa accadere di nuovo. Attenzione però: questi valori fondamentali hanno senso solo se universali e, in quanto tali, non possono trasformarsi in privilegi, non possono essere delimitati dai confini di una società o di uno stato. Troppe volte abbiamo assistito a paesi, anche democrazie consolidate, che fuori dai confini nazionali assumono comportamenti contrastanti con i valori che in patria vengono considerati a fondamento delle proprie comunità nazionali.
Nel bel film “Liliana”, del regista Ruggero Gabbai uscito in questi giorni, c’è una frase di estrema importanza pronunciata dal giornalista De Bortoli (cito a memoria) “la memoria è il ricordo con il coraggio”. Il coraggio del testimone che ricorda l’offesa vissuta e che indaga sul buco nero di Auschwitz, ma anche il coraggio di chi invece è chiamato a ricordare quanto l’Italia ha fatto negli oltre venti anni di regime fascista e repubblichino. Le vuote celebrazioni, i pelosi attestati di vicinanza all’ebraismo ed agli ebrei da parte di chi si rifiuta di recidere le proprie radici culturali e storiche che affondano nel fascismo, da parte di chi oggi fa strame dei diritti umani dei migranti e libera impunemente criminali di guerra ricercati dalla corte penale internazionale, servono solo a svuotare di contenuto quanto dettato dalla legge.
Il Giorno della Memoria è la giornata della consapevolezza civile del valore della libertà, della democrazia, della dignità umana contro la barbarie che ogni sistema autoritario, totalitario e liberticida porta con sé. Se poi qualcuno vede in Orban, in Putin, in Musk, in Salvini, in Trump, in Khamenei, in Netanyahu o in Ben Gvir una minaccia a questi valori ed il germe di qualcosa che può portare “ad accadere di nuovo”, potrà avere ragione o torto, ma vorrà dire che la riflessione su quanto accaduto è servita a tenere deste le coscienze.
Lunga vita al Giorno della Memoria!
23 gennaio 2025
Filippo Levi