Lettera alla redazione
di Anna Segre
Cari amici della redazione di Ha Keillah,
ho letto con stupore e sconcerto sul numero di luglio che Davide Jona Falco, assessore alla comunicazione dell’Ucei, nell’intervista a cura di Filippo Levi, dichiara che alcune delle cose riportate nel numero di marzo di Ha Keillah a proposito di Pagine Ebraiche “non corrispondono al vero e mi spiace che proprio Ha Keillah non abbia saputo comprendere e riportare come stanno davvero le cose, verificando prima le fonti”. Si badi bene: non dice che non condivide quello che Ha Keillah ha scritto, dice proprio che è stato detto il falso. Si tratta di un’accusa gravissima, perché un articolo di giornale in cui si raccontano dei fatti non è, per usare le parole di un illustre collega di Filippo Levi, “una fantasia d’un uomo, come l’Iliade e l’Orlando furioso, libri ne’ quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero …” (Galileo Galilei, ndr). Se un giornale pubblica articoli in cui si raccontano dei fatti è perché la redazione ritiene che gli autori degli articoli siano affidabili e i fatti siano veri. Come si spiega allora che l’intervistatore accetti un’accusa così grave senza replicare? L’impressione che ne ricavano i lettori (rafforzata dai ringraziamenti di Davide Jona al giornale per avergli dato la possibilità di dire come stanno davvero le cose) è che l’intervistatore e la redazione condividano almeno in parte le accuse e intendano quindi prendere le distanze da ciò che hanno pubblicato.
Cosa intendeva Davide Jona parlando di Ha Keillah? Chi sono, specificamente, gli accusati? Le tre persone che nel numero di marzo avevano trattato questo argomento, cioè Francesco Bassano, David Sorani (intervistati da Giorgio Berruto) e la sottoscritta. Non me la sento di accettare un’accusa così grave (forse la più grave per un giornalista o chiunque collabori con un giornale) senza tentare un’autodifesa, anche perché scripta manent: d’ora in poi chiunque leggerà sul sito di HK l’articolo che ho scritto sul numero di marzo (magari anche uno storico che tra duecento anni farà una ricerca sulla stampa ebraica in Italia nel XXI secolo), leggerà anche la smentita di luglio e mi considererà inattendibile. È un pensiero che mi dà veramente molto fastidio, perché nell’articolo sono stata molto attenta alle parole che ho usato, e così hanno fatto anche David Sorani e Francesco Bassano.
Non essendo stato chiarito quali sarebbero le cose false che avrei scritto, per difendermi sono costretta a tirare un po’ a indovinare. Prima di tutto vorrei affrontare l’accusa di non avere verificato prima le fonti. Francesco Bassano, David Sorani ed io eravamo tutti e tre collaboratori della rubrica Pilpul di Pagine ebraiche, e nella nostra esposizione dei fatti ci siamo concentrati soprattutto sulle vicende relative alla cessazione di quella rubrica: quali sono le fonti che avremmo dovuto verificare per raccontare una cosa che abbiamo vissuto in prima persona? Tanto più che noi collaboratori di Pilpul abbiamo fatto più di una riunione tra di noi, con Davide Jona Falco e con Guido Vitale. Ho avuto anche una lunga telefonata con lo stesso Davide Jona Falco (che ringrazio per la disponibilità) e qualche breve conversazione occasionale con il Vicepresidente dell’Ucei Giulio Disegni.
Mi pare inoltre di capire dall’intervista che Davide Jona Falco ci accusi di aver attribuito a lui o al Consiglio dell’Ucei l’intenzione di chiudere la rubrica Pilpul ma in realtà nessuno di noi tre ha scritto nulla di simile. Personalmente mi sono limitata a dire che non mi risultava che ci fossero stati particolari sforzi per ripristinarla e i mesi successivi hanno peraltro confermato questa mia impressione (anzi, l’intero giornale Pagine ebraiche è stato incredibilmente messo in pausa per un bel po’ di tempo). Nei nostri testi David Sorani, Francesco Bassano e io avevamo anche ipotizzato pressioni dei vertici Ucei per controllare i contenuti di Pagine ebraiche; potrebbe essere questa l’informazione falsa? Mi pare improbabile, dal momento che lo stesso Davide Jona Falco in particolare nell’ultima parte dell’intervista accusa il giornale dell’Ucei di non essersi attenuto alle indicazioni dell’editore (siamo proprio sicuri che debba essere questo il corretto rapporto tra un giornale e il suo editore? fortunatamente non è mai stato così tra il Gruppo di Studi Ebraici e Ha Keillah! Posso garantire che nei dodici anni in cui ho diretto questo giornale la Presidente Bruna Laudi non mi ha mai detto neppure una sillaba che potesse suonare anche solo lontanamente come una direttiva).
La stranezza di queste accuse mi ha portato anche a pensare che Davide Jona Falco non intendesse riferirsi al numero di marzo di Ha Keillah ma ai commenti (anche di alcuni di noi ex collaboratori della rubrica Pilpul) pubblicati sulla newsletter di Pagine ebraiche dopo le dimissioni di Guido Vitale, avvenute a fine maggio. In quel contesto riconosco di aver detto una cosa che per Davide poteva suonare sgradevole (e proprio per questo non la ripeto qui), ma si trattava, appunto, di esprimere una sensazione personale a caldo, non di riferire dei fatti. Il mio sospetto è rafforzato anche dal fatto che subito dopo la pubblicazione del numero di marzo di Ha Keillah avevo incontrato Davide, ne avevamo parlato in tono scherzoso e non mi era sembrato particolarmente offeso.
Questo è tutto quello che posso portare a mia difesa.
Già che ci sono, però, vorrei dire ancora un paio di cose a proposito dell’intervista. Mi pare di capire che Davide Jona Falco ritenga che gli organi di stampa dell’Ucei dovrebbero autocensurarsi per non rischiare di mettere in pericolo i buoni rapporti dell’Unione con l’attuale governo. Personalmente ritengo invece che il giornale dell’ebraismo italiano dovrebbe avere non solo il diritto ma anche il dovere di dare voce alle legittime preoccupazioni di molti ebrei italiani di fronte a esponenti del governo o alte cariche dello stato che non nascondono le proprie nostalgie per un regime che si è reso complice dell’uccisione di migliaia di ebrei italiani. Inoltre fatico a immaginare ministri e figure istituzionali che si mettono a polemizzare con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane per quello che scrivono i suoi mezzi di comunicazione. Ammetto però, non avendo io mai fatto parte di un Consiglio dell’Ucei, che questa mia opinione potrebbe essere forse troppo ingenua.
Infine, nell’intervista si accenna a una giornata sull’informazione ebraica in Italia. In effetti la giornata ci sarà, il 12 novembre, promossa dalla Commissione Cultura della Comunità Ebraica di Torino su iniziativa di David Sorani, di Daniela Fubini e dalla sottoscritta, tre ex collaboratori torinesi della rubrica Pilpul.
Siete tutti invitati a partecipare.
I nostri lettori potranno capire i retroscena di questa polemica leggendo la prima pagina del numero di marzo e la pagina 8 del numero di luglio. Ci scusiamo con i lettori e con gli estensori degli articoli se non abbiamo provveduto a chiedere all’intervistato, nello stesso numero di luglio, di spiegare quali fossero, secondo lui, le affermazioni non vere. Sicuramente ci saranno in futuro occasioni per chiarire i punti in discussione.
Il desiderio della redazione resta quello di fornire ai lettori un quadro il più chiaro possibile sui vari argomenti trattati, interpellando e ascoltando le principali voci coinvolte.
La Redazione di Ha Keillah