di Giorgio Berruto

La cronaca scritta dieci anni dopo da due ex colonisti e le fotografie di un terzo sono le fonti principali attraverso cui Daniela Mantovan racconta la vicenda dell’orfanotrofio di Malachovka, a trenta chilometri da Mosca. Tutto comincia nel 1919 grazie all’impegno di un pedagogista rivoluzionario. Il suo nome è Borekh Shvartsman. La guerra civile tra bianchi e rossi ha provocato uno dei drammi che la successiva storiografia sovietica si impegnerà sistematicamente a ignorare: milioni di bambini orfani senza più famiglia e senza dimora fissa. Li chiamano besprizornye, e comprendono numerosi ebrei i cui genitori sono stati massacrati nel corso dei pogrom. Due anni prima della nascita della britannica Summerhill, la colonia per bambini ebrei di Shvartsman è un modello di vita comunitaria libera e democratica. Tutto è emergenza, tutto è da costruire. Nelle fotografie riprodotte nel volume vediamo pochi sorrisi e invece volti segnati che raccontano una storia comune di fame, freddo, malattie e violenza. Vediamo però soprattutto i bambini impegnati nel lavoro manuale e nello studio. Shvartsman, comunista convinto e tra i primi teorici della scuola-lavoro, è infatti sicuro che la distinzione tra lavoro manuale e intellettuale sia artificiale e vada abbattuta. Il modello educativo di Malachovka, la cui lingua è lo yiddish, non prevede alcuna educazione religiosa, esclude le punizioni fisiche e come nelle scuole montessoriane predilige l’idea di libero sviluppo del bambino. I ragazzi si costruiscono dunque letti e banchi, cantano l’Internazionale, si dedicano al teatro, scrivono su un settimanale. Per un periodo Marc Chagall insegna loro a dipingere o, con le parole di un allievo, a “vedere”. Non meno rilevante è l’autonomia amministrativa della colonia, che viene governata da un consiglio composto dagli educatori e dai rappresentanti dei bambini. Nel corso di riunioni settimanali si discute su un piano di parità e vengono prese le decisioni.

Dopo la morte di Lenin il partito impone un modello educativo sempre più vincolante che segna il declino della “Repubblica dei Ragazzi” e la sua trasformazione in una comune agricola sotto lo stretto controllo dello stato. Negli anni trenta viene demolito l’intero sistema scolastico yiddish. Malachovka esiste fino al 1939, quando è liquidata con tutte le istituzioni ebraiche sopravvissute. Da questa data non si ha notizia di Shvartsman, con ogni probabilità inghiottito nella voragine del terrore staliniano.

 

Daniela Mantovan, Pedagogia e rivoluzione. La “Repubblica dei Ragazzi” di Malachovka (1919-1939), Giuntina, Firenze 2022, pp. 96, € 10.

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