di Anna Segre

PAGINE EBRAICHE: L’ARIA CHE TIRA

 

Qual è lo stato di salute della stampa ebraica in Italia? In un clima politico decisamente difficile, sia sul fronte italiano sia su quello israeliano, la discussione e il confronto tra di noi sarebbero essenziali. Purtroppo, a quanto pare, non tutti la pensano così. La proliferazione di testate diverse è sempre stata una caratteristica essenziale dell’ebraismo italiano, segno di vivacità ma talvolta anche dispendio di energie. Questa tendenza a dividersi in compartimenti stagni che dialogano poco o nulla tra di loro era stata in parte superata dalla nascita dei media dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il mensile cartaceo Pagine Ebraiche, il notiziario quotidiano online Pagine ebraiche 24 e il portale Moked. Pur tra contestazioni e polemiche questo meccanismo ha permesso per più di 13 anni un confronto non solo tra diverse opinioni ma anche tra diverse comunità, grandi, medie e piccole, ciascuna con le proprie problematiche e le proprie specificità. Ai redattori professionisti guidati dal direttore Guido Vitale si affiancavano almeno un centinaio di collaboratori di diverse provenienze, opinioni, vicinanza all’ebraismo, alcuni dei quali scrivevano regolarmente una volta alla settimana nella rubrica “Pilpul”, termine che fa riferimento alla discussione talmudica: allude appunto al libero scambio di opinioni, anche se in realtà i contributi non sempre erano articoli di opinione ma spaziavano attraverso vari argomenti, anche in base alle competenze specifiche dei singoli collaboratori.

Qualche mese fa improvvisamente da un giorno all’altro la rubrica Pilpul è scomparsa, per essere poi sostituita, dopo più di due settimane di silenzio assoluto, da una nuova rubrica “opinioni a confronto”, situata in coda alla newsletter (e solo su quella, non sul sito moked.it), presente soltanto tre giorni a settimana, poco visibile e introdotta da un testo che chiariva in modo abbastanza sgradevole che l’Ucei non era responsabile per il contenuto degli articoli. I motivi di queste novità sono stati chiariti solo in parte. È parso comunque abbastanza chiaro che le perplessità nei confronti della rubrica così com’era (a quanto pare a causa dell’eccessiva omogeneità ideologica dei collaboratori) provenivano dalla stessa Presidente dell’Ucei. Non credo sia il caso di riferire le telefonate e gli incontri online dei collaboratori, sconcertati da questa novità improvvisa, tra di loro, con il direttore Guido Vitale e con l’assessore alla comunicazione dell’Ucei Davide Jona Falco, anche perché in queste discussioni non è facile distinguere le questioni di sostanza dai dettagli tecnici che non possono interessare più di tanto i nostri lettori. Sta di fatto che gli autori del Pilpul hanno deciso in modo pressoché unanime di interrompere la loro collaborazione. È doveroso precisare che nell’ultimo di questi incontri, avvenuto a fine dicembre, Davide Jona Falco aveva dichiarato la disponibilità a ridiscutere almeno alcune di queste novità; tuttavia non si può fare a meno di constatare che in seguito la rubrica delle opinioni ha sostanzialmente cessato di esistere e che, almeno per ora, non risulta nessuna iniziativa da parte dell’Ucei tesa a ripristinarla.

A titolo personale né io né gli altri ex collaboratori avremmo alcun diritto di lamentarci (forse un pochino per il modo piuttosto offensivo con cui è stata presentata la cessazione della rubrica e per l’iniziale mancanza di spiegazioni, ma è un problema tutto sommato secondario): l’Ucei ha diritto a far scrivere sui propri media chi vuole, come vuole e quando vuole. La questione ci riguarda, quindi, non in quanto ex collaboratori ma in quanto ebrei italiani.

Il problema è che la scomparsa della rubrica Pilpul non è che la punta di un iceberg (e forse non è nemmeno la punta): è un sintomo – e neppure il più grave – del malessere generale dell’informazione ebraica in Italia di cui parlavo all’inizio. Già da tempo Pagine ebraiche aveva cessato di essere quello che era all’inizio, e non solo nell’ambito della rubrica delle opinioni. Nei primi anni il giornale dava conto di un dibattito vivace, talvolta anche duro, nell’ambito delle Comunità e della stessa Unione: resoconti dettagliati di riunioni del Consiglio Ucei o di assemblee comunitarie infuocate, ampie presentazioni delle liste e dei candidati in vista delle elezioni comunitarie; informazioni anche su iscritti alle Comunità che si candidavano o erano eletti nell’ambito di elezioni politiche o amministrative, così da dare conto della grande varietà ideologica al nostro interno. Più vivace di oggi anche il dibattito su Israele.

Progressivamente tutto si è appiattito, edulcorato, silenziato. Niente più resoconti di discussioni infuocate, le elezioni comunitarie e dell’Ucei ridotte praticamente al solo elenco dei candidati e degli eletti, abbastanza poco anche sulla vita culturale delle Comunità (e quel poco riguarda sempre più raramente quelle medie e piccole, a meno che non si tratti di eventi che coinvolgono in qualche modo direttamente l’Ucei). Scarso dibattito anche su questioni di politica italiana o israeliana. Per esempio mentre scrivo è ancora viva la polemica sulle parole minacciose rivolte dal Ministro dell’Istruzione contro una preside colpevole di aver mandato a tutti i suoi studenti una lettera che richiamava i valori dell’antifascismo; su questa brutta vicenda è uscita finora (26 febbraio) una bella presa di posizione del Presidente della Comunità Ebraica di Firenze Enrico Fink, mentre dalle istituzioni Ucei non risulta nulla, almeno per ora. Personalmente ho trovato un po’ sconcertante anche il silenzio sugli insulti antisemiti ricevuti da Elly Schlein.

Non entro nelle motivazioni che hanno portato nel corso degli anni alcune persone a cessare la loro collaborazione con Pagine ebraiche e Moked. Personalmente posso dire di essere stata censurata una sola volta in dodici anni ma al contempo di essermi spesso – e sempre di più con il passare del tempo – autocensurata. Ma, ripeto, dato il quadro che ho sommariamente cercato di delineare l’eliminazione della rubrica Pilpul non mi sembra il problema principale.

Insomma, la situazione della stampa ebraica in Italia appare tutt’altro che rosea: è vero, ci sono ancora tanti giornali ebraici, ciascuno con i propri lettori e collaboratori, ma progressivamente stanno venendo meno il dialogo e le occasioni per la reciproca conoscenza, anche semplicemente tra gli ebrei delle diverse Comunità.

Che fare? Prima di tutto sarebbe importante capire se davvero agli ebrei italiani questa situazione vada bene così o se il disagio non sia invece condiviso, e in tal caso quali iniziative si potrebbero intraprendere. Per capirlo sarebbe opportuno avere momenti di discussione a livello comunitario ma ancora di più a livello nazionale. A mio parere sarebbe molto interessante organizzare un momento di confronto su questi temi. E forse la sede adatta potrebbe essere proprio Torino anche considerando che la rubrica Pilpul contava un certo numero di collaboratori torinesi o di origine torinese (tra cui David Sorani e Daniela Fubini con cui ho già avuto occasione di discutere di questa idea).

Se noi ebrei italiani ci siamo ancora, faremmo bene a battere un colpo.

Torino, 26/2/2023

 

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