di Giorgio Berruto

Chiassovezzano è il nome di una tenuta presso Lajatico, nella campagna toscana a metà strada tra Volterra e Pisa. L’8 settembre arriva a Trieste e ovunque altrove la notizia dell’armistizio, l’11 i tedeschi hanno già il pieno controllo della città, che verrà annessa direttamente al Reich. Ma i Dörfles hanno lasciato la loro casa qualche ora prima. Sono in viaggio verso Chiassovezzano.

Sulle pagine placide e quasi pigre di memoria famigliare di Piero Dorfles si stagliano il tempo sospeso e la ricerca della normalità. Una vita scomoda ma non troppo, quella nella tenuta, in una bolla in cui trovano spazio la fascinazione per l’antroposofia e la misteriosa gatta porcina, ma anche il cibo sempre più scarso e la paura di una delazione, dell’arresto e della deportazione. Chiassovezzano è un libro di descrizioni ariose: del paese, del giardino dei lecci, del frantoio, delle stanze, dei quadri che ritraggono gli antenati, di zii e zie e nonni, dei mobili del salotto, della stampa del pellicano, delle cipolline nei vasi di vetro, della gatta Bigina, di quel pigro di Bengala che non sei altro. E di rievocazioni dell’antenato Hirschel Dörfles, del cimitero ebraico di Gorizia, dell’umlaut sulla “o” del cognome che c’era e non c’è più, degli effetti delle leggi antiebraiche e dei certificati di battesimo. L’ansia e i timori sono d’altronde sempre dietro l’angolo – e i tedeschi, un giorno, inaspettatamente nel granaio. Per Lajatico passa la linea Gotica, cioè la guerra. Nell’estate 1944 gli occupanti chiameranno il paese die kleine Kassino, la piccola Cassino.

Piero Dorfles, Chiassovezzano, Bompiani, Milano 2024, (204 pp., 18 €)

 

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