di Beppe Segre

 

Il Presidente della Repubblica ha scelto quest‘anno di celebrare la festività del 25 aprile a Cuneo e nel cuneese, in luoghi di alto valore simbolico, ove per la libertà dell’Italia combatterono i partigiani, nelle sedi dove si preparò la Costituzione, e dove furono perseguitati ebrei e oppositori politici al regime fascista.

Il Capo dello Stato ha visitato dunque Cuneo, ove l’avvocato Duccio Galimberti il giorno successivo a quello in cui Mussolini fu deposto e arrestato, e cioè il 26 luglio 1943, fu il primo in Italia a capire che bisognava prepararsi ad una nuova fase che sarebbe stata ben più dura di quanto al momento si potesse immaginare, trasformando il discorso dal balcone del suo studio in una vera e propria dichiarazione di guerra ai tedeschi: “La guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana; ma non si accoda a una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli italiani”.

Mattarella si è recato a Boves dove si svolse la prima strage nazista in Italia: immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’esercito nazista aveva occupato Cuneo e stava prendendo possesso delle vallate cuneesi.

Don Francesco Brondello, curato a Valdieri, e don Mario Ghibaudo, parroco a Boves, si incontrarono giovedì 16 settembre per decidere cosa fare “Co fuma?” (Cosa facciamo. In piemontese) si chiesero sgomenti.  Due giorni dopo, sabato 18 settembre, il capitano Müller pubblicava il bando che decretava la fucilazione immediata per gli stranieri latitanti e per chi li avesse protetti. Tre giorni dopo, era domenica 19 settembre, a Boves le SS avrebbero bruciato 350 case, torturato e massacrato 24 persone. Tra queste due sacerdoti: il giovane don Mario Ghibaudo, e il parroco don Giuseppe Bernardi.

È stato a Borgo San Dalmazzo, dove i nazisti organizzarono un campo di concentramento. Il 21 novembre 1943, 329 persone furono deportate dal piazzale della stazione ferroviaria di Borgo San Dalmazzo verso il campo di Drancy e quindi ad Auschwitz, dove 311 di loro furono uccisi. Erano ebrei stranieri, in fuga dalla Francia, rinchiusi da due mesi nel campo di concentramento poco lontano. Il 15 febbraio 1944, altri 26 ebrei furono deportati da questa stazione, diretti a Fossoli di Carpi, da dove sarebbero poi stati inviati ad Auschwitz o Buchenwald: soltanto due di loro sopravvissero.

A Borgo San Dalmazzo ha visitato con molto interesse il Memoriale della Deportazione e MEMO 4345, un centro di documentazione progettato a scopo didattico “per conoscere capire, ricordare, interrogarsi” sui grandi temi della Shoah e dei Giusti, accompagnato dalla prof.ssa Muncinelli, curatrice di questo progetto, ricercatrice e storica.

E poi, il discorso[1].

Un discorso bello e importante, che si apre e si chiude con una citazione di Piero Calamandrei, uno dei padri della Costituzione, profondo e acuto, una lezione di Resistenza, un discorso severo e coinvolgente.
Il riconoscimento dell’eroismo dei partigiani, “uomini liberi che si adunarono per dignità non per odio”.
Un’analisi sulla Costituzione che della Resistenza è frutto: “è dalla Resistenza che viene la spinta a compiere scelte definitive per la stabilità delle libertà del popolo italiano e del sistema democratico” dice il Presidente.

Un ragionamento che ha coinvolto il pubblico che gremiva il Teatro di Cuneo, che ha interrotto più volte con lunghi applausi l’esposizione dell’oratore.
Un giornalista passa velocemente e ci chiede cosa significa questa giornata per noi.
Per tutti noi è una grande emozione, e fa emergere in ognuno sentimenti e ricordi intensi e personali. Viene spontaneo mettere a confronto l’onore di oggi con i momenti più dolorosi e difficili della tragica storia del popolo ebraico.

Un consigliere di Borgo San Dalmazzo, Comune che ha sostenuto con grande impegno il progetto, esprime con vigore il dovere della Pubblica Amministrazione per la conservazione della memoria.
L’avvocato Brunetti, accanto a me, ricorda suo nonno, Isacco Levi, salito in montagna con i partigiani garibaldini, unico sopravvissuto della grande famiglia Levi di Saluzzo: il percorso che compiamo per andare alla stazione ferroviaria è quello stesso cammino che i suoi parenti, rinchiusi nel campo di Borgo compirono la mattina del 15 febbraio 1944, partendo per Fossoli e di qui poi ad Auschwitz.

Io ricordo mio padre, costretto alla fuga, con documenti falsi, braccato dalla polizia fascista e dalle SS, salvato da un Giusto, il parroco di Courmayeur, don Cirillo Perron. I miei nonni furono deportati e assassinati ad Auschwitz. I miei bisnonni nacquero tra il 1830 e il 1840, e quindi in un periodo in cui erano costretti a vivere nel ghetto, esclusi dai diritti civili e politici. E prima ancora si alternavano periodi di accoglienza ad altri di vessazioni, secondo il rapporto esistente con i signori locali.

Mi rendo conto che io appartengo alla prima generazione che è vissuta su questo territorio per tutta la vita in pace, libertà ed uguaglianza di diritti. Sono valori fondamentali assai delicati, noi pensiamo siano solidi ed eterni, invece rischiano di dissolversi facilmente, come la democrazia in Italia nel 1922. Devono essere difesi e curati.
Oggi il Presidente della Repubblica Italiana mi ha stretto la mano, un onore che mio nonno, ad esempio, non avrebbe neppure immaginato. E questa è una forte emozione.
E contemporaneamente sono colto da un’ansia: sarà così per sempre? A nessuno verrà mai in mente l’idea di modificare l’articolo 3, che stabilisce con la massima solennità l’uguaglianza di tutti i cittadini?

Oggi una bambina ha chiesto al Presidente di firmarle la sua copia della Costituzione e il Presidente, gentilmente, ha firmato.
Confidiamo che questo Presidente, unitamente con la migliore parte della classe politica, saprà conservare e custodire questa Costituzione.

La Stampa del giorno dopo, 26 aprile. nella Sezione di Cuneo, intitola uno degli articoli dedicati alla visita del Presidente della Repubblica nel Cuneese “L’emozione ebraica”.

 


[1] Disponibile integralmente sul sito del Quirinale: https://www.quirinale.it/elementi/84284

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