di Silvia Finzi Levi

Da qualche mese l’Archivio Terracini, grazie ai mezzi messi a disposizione dal nuovo sito internet, ha intrapreso la raccolta e l’esposizione on line di un materiale di grande valore storico, che va ad arricchire il patrimonio propriamente archivistico versato dalle famiglie piemontesi: le memorie personali e familiari. Intenzionalmente prodotti dalle persone che vogliono narrare una parte della loro vita o della vita della loro famiglia, i racconti vengono raccolti in forma di testo scritto, di audio, di video e di raccolte fotografiche e inseriti in un’apposita pagina della sezione che ospita gli inventari degli archivi familiari. Ne parleremo ancora, e più nel dettaglio, in futuro.
La prima operazione fatta per avviare il progetto è stato il recupero e il riversamento sul sito dei testi di questa natura che l’Archivio già possedeva.
Non erano numerosi, ma molto interessanti, e fra questi si conservava in forma dattiloscritta e in condizioni di conservazione mediocri una copia del diario di Scipione Poggetto. Della trascrizione su file si è occupata Silvia Finzi e il testo sarà on line a breve. Di seguito alcune prime note sul contenuto. (C.P.)

Lo scritto inizia nell’agosto 1938 parlando della violenta campagna antisemita svolta dal governo fascista, con le relative disposizioni contro gli ebrei; continua raccontando a grandi linee ciò che succede in Europa e in particolare come l’Italia entri in guerra il 10 giugno 1

940. Da questa data, scrive l’autore, “si inizia il crollo lento, ma crudelmente tragico della mia famiglia”.

Da qui in avanti si intrecciano i fatti personali e famigliari con quelli generali del Paese: molto vivido e preciso il racconto legato al primo bombardamento di Torino, che vede la famiglia Poggetto costretta a rifugiarsi in cantina affrontando i faticosi problemi legati al fatto che il padre è paralitico.

Dopo il grande attacco

del 18 novembre 1942, la famiglia decide di lasciare Torino e di trasferirsi a Lanzo, dove già da tempo abita un loro parente. Alcuni vanno in treno, ma non c’è posto per tutti; quindi, i tre fratelli trasportano a piedi il padre invalido, dopo averlo sistemato su di un triciclo: percorrono così circa 30 km! Già nel 1942 i Poggetto avevano perso il lavoro e alla fine dell’anno devono anche affrontare la morte del padre. Dopo varie peripezie, narrate con cura e attenzione, si arriva al 1943. Ora anche Emilio, il fratello più giovane, che aveva ancora trovato lavoro a Germagnano, viene licenziato: non ci sono più mezzi di sostentamento.  A questo punto, scrive l’autore “Il Padrone mi manda a chiamare per informarmi che se voglio andare a Chiaves con i partigiani, mi pagheranno e penseranno alla mamma. Ho accettato.”                 .

Inizia quindi la vita partigiana: molto precisi i particolari relativi ai vari spostamenti, al ghiaccio, neve e freddo affrontati per fare i turni di guardia; a questi seguono le descrizioni dei feroci attacchi effettuati da tedeschi e fascisti nelle valli di Lanzo: i fratelli partecipano ad alcune azioni, ma riescono sempre a mantenersi in contatto con la madre e infine si nascondono con l’aiuto dei valligiani.

Fin qui il racconto si sviluppa precisando i vari fatti, i rastrellamenti, le angherie effettuate contro la popolazione, le fughe da un paese all’altro per sfuggire alla cattura ma, dalla metà del 1944, non viene annotato più nulla. Si è a conoscenza, per altre vie, che nel settembre 1944 il gruppo partigiano di cui facevano parte i fratelli Poggetto, guidato dal comandante Rolandino, scende in Francia attraverso il colle dell’Autaret.

Il diario riprende dall’11 marzo 1945, con cadenza quasi giornaliera: quest’ultima parte è molto diversa dalle precedenti; l’organizzazione ebraica di soccorso agli ebrei perseguitati si è occupata dei Poggetto, che, dopo vari spostamenti, vengono accolti in una cascina-scuola francese. Qui Il fratello maggiore lavora come cuoco e riscuote molto successo; i fratelli minori lavorano nei campi. Significativo il fatto che in data 30/03/1945 i fratelli decidano di effettuare una sorta di “azione sindacale” nei confronti del direttore: affermano che, se considerati braccianti dell’azienda agricola per la quale lavorano, hanno diritto ad essere pagati di conseguenza; se invece devono imparare nuove materie in vista di una aliyà in Palestina, hanno diritto ad avere dei tempi liberi per studiare. L’azione avrà come risultato che riceveranno dei compensi per le loro prestazioni. La narrazione procede in maniera molto immediata e sincera. L’autore non nasconde la propria rabbia nei confronti dei fratelli, che (unici) lo criticano continuamente come cuoco, ma d’altra parte si rivela molto preoccupato per la salute del fratello Benedetto; spesso poi affiorano pensieri relativi alla famiglia lontana e agli amici di cui non si hanno notizie ed emergono anche preoccupazioni per il futuro, una volta finita la guerra: “Che sarà di noi? Dove vedremo la fine del conflitto? Come la vedremo, con letizia o dolore?”

L’ultima annotazione è del 29 aprile 1945: “La radio annuncia la cattura di Mussolini e la sua banda e la loro fucilazione in massa”.

image_pdfScarica il PDF