di Giorgio Gomel

In un articolo uscito su Ha Keillah nel marzo 2022 argomentavo circa la malignità di un’occupazione di 55 anni di territori abitati da palestinesi, fatta anche di atti banali, ordinari, brutali che opprimono gli occupati e corrompono gli occupanti.

La vicenda di Masafer Yatta nelle colline a sud di Hebron è un archetipo di tutto ciò.

Alla fine di maggio, nei giorni antecedenti gli incontri di Gerusalemme promossi da Alliance for Middle East – una coalizione di 150 ONG israeliane e palestinesi operanti in ambito educativo, sanitario, ambientale, di diritti umani, a fini di coesistenza – di cui ho riferito in (www.cespi.it – Osservatorio Mediterraneo e Medio Oriente – Israele e Palestina: conflitto e coesistenza), ho visitato la zona guidato da un giovane israeliano attivista di un centro per la non violenza ebraica e un palestinese di lì originario.

Masafer Yatta è un insieme di villaggi palestinesi, dispersi sulle colline pietrose della Giudea, composti di case in pietra di grande povertà e di grotte abitate da famiglie di pastori in parte nomadi e in parte addetti ad attività agricole. Ivi risiedono circa 1000 persone. L’esercito israeliano – questa è la zona C della Cisgiordania sotto piena giurisdizione militare di Israele – ha designato da decenni quell’area come “area di fuoco, di esercitazioni militari”. La Corte suprema ha confermato, in una sentenza che conclude una vicenda legale protrattasi per venti anni, che gli abitanti non sono residenti permanenti e quindi potranno essere spossessati delle loro case ed espulsi con ciò violando la legge internazionale di guerra e le Convenzioni di Ginevra che vietano il trasferimento forzato di popolazioni. Nella seconda parte di giugno sono iniziate le esercitazioni pur senza per ora imporre l’evacuazione degli abitanti.

Diverse ONG israeliane – da Yesh Din a Breaking the silence, da Ir Amim a Peace Now, da Machsom Watch a Parents’ Circle, il Foro delle famiglie delle vittime – protestano contro la decisione della Corte suprema nonché contro il fatto che esistano nella stessa zona tre insediamenti abusivi di coloni ebrei ai quali la normativa non verrà applicata e che agiscono spesso con atti di provocazione e violenza contro i vicini palestinesi.

Attivisti israeliani contrari all’occupazione visitano a turno la zona e vigilano contro l’avvio della demolizione di case e dell’espulsione degli abitanti.

Fino a quando?

 


Foto di Lisetta Carmi, Israele-Rosh Pinna, Donne arabe, 1967
® Lisetta Carmi-Martini&Ronchetti

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