di Davide Silvera

Fine settembre. Dopo una lunga estate in cui siamo rimasti a casa, decidiamo con mia moglie di farci, in extremis, una piccola vacanza con i nostri tre figli e la scelta ricade sulla Spagna.
Atterrati a Madrid, avevo in programma di fare una puntata nella vicina Toledo. Mi sembrava doveroso nei confronti dei miei avi cacciati in malo modo, cinque secoli fa, dal vicino Portogallo, o forse da Gibilterra, come sostiene qualcuno dei Silvera.
I ragazzi, che di cittadine medievali e storiche ne hanno viste, a dir loro, fin troppe non mostrano grande entusiasmo, ma io mi impunto, e così ci rechiamo all’enorme stazione ferroviaria di Madrid, per scoprire che, se non prenoti il treno in anticipo, non hai alcuna chance di arrivare a Toledo. Trovata, a fatica, l’uscita dalla stazione saliamo su un taxi che, in poco più di un’ora, ci lascia alle porte della città vecchia. Dopo aver svaligiato il primo minimarket trovato, trascino la truppa a visitare la bellissima Sinagoga di Santa Maria la Blanca, nell’antico quartiere ebraico. A parte mia moglie ed io, la visita non suscita particolari emozioni. Continuiamo la vista con un fascinoso monastero-chiesa con chiostro, San Juan de Los Reyes, costruito dalla simpatica coppia Ferdinando e Isabella, promotori dell’Inquisizione e della cacciata degli ebrei e dei musulmani dalla penisola iberica. Qui finisce la parte culturale della giornata, abbiamo chiaramente raggiunto il limite massimo di sopportazione dei nostri figli: quindi, la prossima tappa è quella del pranzo.
Intravisto un locale con un bel patio decidiamo di entrare. Nel locale vuoto ci accoglie con un bel sorriso quella che sembra essere la proprietaria spagnola. In quattro e quattr’otto la simpatica signora ci rifocilla con gustosi piatti spagnolo-messicani.
Dopo aver mangiato mia figlia decide che il posto è adatto per farsi fotografare per il suo “book” spagnolo e io ne approfitto per scambiare due parole con la signora.
Scopro che non è la proprietaria, ma che lavora lì da otto anni. Che il locale è in realtà attivo soprattutto la sera avendo un ricchissimo bar di alcolici. Ma soprattutto che lei non è affatto spagnola, ma algerina. Per un attimo il mio istinto ebraico-israeliano mi comunica che l’Algeria non è proprio amica con Israele e con gli ebrei, ma non dico nulla e continuo la simpatica conversazione, decidendo a questo punto di esibire il mio stentato arabo, con cui riusciamo, con mio grande stupore, a capirci meglio che con il mio improvvisato spagnolo.
Le chiedo, anche se la domanda è quasi superflua, se è musulmana, se è osservante e, dopo che mi dice di sì, le chiedo come può lavorare in un locale pieno di jamón (prosciutto) e di alcolici, e come fa a sapere se i cocktail che prepara la sera sono buoni. Con un sorriso mi mostra i misurini per fare i cocktail, e mi spiega che se un cliente non è soddisfatto lei gliene prepara uno nuovo. Lei, in otto anni, non ha mai bevuto nemmeno una goccia di alcool.
Fadia, questo è il suo nome, mi racconta con fierezza che Toledo è tuttora, come lo era prima dell’Inquisizione, una città in cui convivono in armonia ebrei, musulmani e cristiani.
Prima di lasciare il locale non mi trattengo dal dirle: “ma lo sai che Israele e l’Algeria non hanno rapporti?“. Lei, sempre sorridendo, fa un gesto deciso con la mano per indicare “altri” e mi dice: “Hada siasa, nichna insan“. Quella è la politica, ma noi siamo esseri umani.
Ci salutiamo cordialmente e ce ne torniamo a Madrid.
Da quel giorno ripenso spesso al curioso incontro con Fadia. E penso al fatto che, nel 2022, una musulmana e un ebreo si siano trovati a Toledo a chiacchierare amichevolmente in arabo.
Nella città dove, prima della cacciata, rabbini e studiosi ebrei, parlavano e scrivevano le loro opere in arabo, come per esempio Avraham ben David da Toledo, che nel 1161 compilò, in arabo, Al Aqidah ar-rafiah ( La fede elevata) nel quale il pensiero religioso del giudaismo è armonizzato col pensiero filosofico aristotelico. E dove, a partire dal 12 secolo, studiosi cristiani ed ebrei traducevano centinaia di opere dall’arabo in spagnolo in quella che è conosciuta come la Escuela de Traductores de Toledo. Scuola nella quale, sotto il regno di Alfonso X il Saggio (1252-1284), i traduttori ebrei divennero la colonna portante, come Yehuda ben Moshe che tradusse testi arabi di magia e astrología, tra cui le Tavole alfonsine, compilate dallo scienziato ebreo Isaac ben Sid. Un testo che riveste un’enorme importanza nella storia dell’astronomia e della storia delle scoperte geografiche.
Ma soprattutto ripenso alle parole di commiato di Fadia, pronunciate con tono deciso e perentorio.
Parole, che nell’atmosfera di pessimismo che offusca, oramai da anni, le speranze di una risoluzione del conflitto israelo-palestinese, spero di non dimenticare.

Davide Silvera


Photo credits: “Sinagoga Santa Maria la Blanca, Toledo, Spain” by Spencer Means is licensed under CC BY-SA 2.0.

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