di Giulio Disegni

 

Non è certo impresa facile narrare un pezzo di storia italiana ed europea, che parte dalla fine dell’Ottocento e arriva ai giorni nostri, attraverso la figura di un uomo che ha percorso e sperimentato una parte di quel lungo periodo, studiandola, e un’altra parte vivendola. Se poi quel pezzo di storia riguarda uno spaccato assai particolare qual è il mondo ebraico, con le sue caratteristiche e contraddizioni, per soffermarsi su un problema cruciale quale l’ostilità antiebraica nel secondo dopoguerra, l’impresa è ancora più ardua. Ma un giovane studioso e storico torinese, di formazione filosofica, Daniele Trematore, ci è riuscito e c’è riuscito assai bene, con rigore e passione che si avvertono in ogni pagina del libro appena pubblicato per i tipi di Zamorani “I nuovi antisemitismi. Lo sguardo attento di Guido Fubini”.

Stiamo dunque parlando di un saggio su un pensatore del calibro e della portata di Guido Fubini, ben noto al mondo ebraico torinese e a buona parte di quello italiano, ma anche nell’ambito  politico giuridico e ad una certa intellighenzia di sinistra.

Daniele Trematore si imbatte nella figura di Guido Fubini perché, come racconta lui stesso, nel suo ricordo sull’eredità di Fubini pubblicato in questa rivista nel dicembre 2020, il prof. Fabio Levi gli mise tra le mani un libro, piccolo ma importante, che Fubini aveva pubblicato nel 1984, con un titolo che ha lasciato un segno nella storiografia ebraica, “L’antisemitismo dei poveri”.

E se quel libro apre un mondo al giovane Trematore,  perché lo mette di fronte alla complessità del personaggio Fubini e ai mondi che lui ha attraversato, la storia, il diritto, la giustizia, il senso civico, l’impegno e le battaglie nella società ebraica e nella società civile, il volume “I nuovi antisemitismi” apre ai lettori e agli studiosi un altro mondo, quello delle interconnessioni  fra tre  capisaldi della recente storia italiana che ha a che fare con l’ebraismo, e cioè Israele, l’antisemitismo di destra e l’antisemitismo di sinistra.

Il libro parte dalla stessa autobiografia di Guido Fubini, o meglio coglie alcuni momenti chiave della sua lunga vita di militante fuori e dentro il mondo ebraico, per andare a mettere il dito nelle dinamiche storiche, sociali e giuridiche che hanno caratterizzato la questione ebraica  dalla fine dell’Ottocento fino agli anni 2000 e Trematore lo fa in un modo molto rispettoso, qualche volta anche critico, del pensiero di Fubini, attraverso un’analisi serrata  dei suoi numerosi scritti, libri e saggi e  attraverso un’analisi di gran parte della storiografia italiana ed  europea che si è occupata della questione ebraica, con particolare riferimento all’antisemitismo.

Il quadro che ne viene fuori ben rappresenta la complessità, ma soprattutto la coerenza, del personaggio Fubini nel percorso che sarà la cifra costante di tutta la sua vita e del suo impegno, tanto nel mondo ebraico quanto nel mondo civile: Fubini era un irriducibile assertore sia della libertà come condizione pregnante dell’uomo, sia del diritto alla diversità nell’uguaglianza come carattere precipuo dell’essere ebreo.

Il volume di Daniele Trematore sì suddivide in cinque parti, la prima delle quali, come si diceva, parte dalla biografia di  Fubini, segnata da momenti-simbolo, che caratterizzeranno poi il suo pensiero e le sue battaglie. Val la pena ricordarne alcuni: l’aver preso posizione da ragazzo e prima dell’avvento delle leggi razziali contro il fascismo, con un gesto di resistenza politica, avendo scritto “abbasso Hitler” sulla porta di un bagno del liceo d’Azeglio di Torino che frequentava. Gesto che se gli costò la sospensione dalle lezioni e il rinvio a ottobre in tutte le materie per aver offeso il sentimento del fascismo italiano, gli aprì la strada della consapevolezza politica su quanto stava accadendo in Germania con il nazismo e in Italia con il fascismo.

Altre vicende, note e con forti connotati di attualità, segnarono il percorso di impegno di Fubini negli anni a venire.

Tra queste, la sua battaglia contro il magistrato Giovanni Durando, denunciato per antisemitismo per l’infamante accusa di deicidio che aveva rivolto al popolo ebraico, reo di aver processato Eichmann: battaglia in cui Fubini combatte quel particolare modo di considerare gli ebrei che ancor oggi a distanza di sessant’anni da quel processo non sembra terminato, ossia permettere ogni ingiustizia contro gli ebrei, ma non permetter loro di fare giustizia, permettere di poter essere giudicati, ma non di giudicare.

E poi la vicenda di Dosolina Sforni, ebrea di Mantova arrestata a Torino nel ’44 dai nazisti e condotta ad Auschwitz: tornata da quell’inferno, cercò di ottenere la pensione di guerra, senza riuscirci, perché il Ministero del Tesoro che gliel’aveva negata sosteneva che non era stata fornita la documentazione “sanitaria” del campo di concentramento. A vent’anni da Auschwitz l’Amministrazione pubblica sembrava ignorare ancora la realtà̀ del genocidio ebraico: l’avv. Fubini iniziò così una battaglia giudiziaria dura e solitaria, che trovò poi una sponda politica grazie alle interrogazioni parlamentari e agli interventi indignati di Riccardo Lombardi, Giorgina Arian Levi, Alberto Todros e Umberto Terracini.

Nel percorso biografico tracciato da Trematore viene dato risalto ad altri momenti significativi della vita di Fubini e in particolare ad alcune vicende torinesi che poi assunsero una connotazione emblematica a livello nazionale. Tra essi, un acceso scambio di corrispondenza con Norberto Bobbio a cui contestava facili giudizi sui presunti difetti e virtù degli ebrei e dell’ebraismo, e la vivace polemica sullo spettacolo teatrale di Vittorio Sermonti “La religione del profitto”, che si rifaceva al testo di Lessing “Nathan il saggio”: lo spettacolo andato in scena a Torino nel 1976, nel metter in risalto collegamenti indissolubili tra tolleranza religiosa, giudaismo e capitalismo, si connotava come un’operazione antisemita a tutto tondo, che Fubini denunciò con forza in diverse sedi.

Nel ricco percorso biografico tracciato da Trematore una parte di spicco è poi legata all’impegno di Fubini nel mondo ebraico a livello torinese, sia con la nascita del periodico Ha Keillah, sia con le battaglie condotte dalla minoranza nel Consiglio della Comunità Ebraica di Torino, e a livello nazionale, con il grande contributo profuso per l’applicazione dell’art. 8 della Costituzione e per la stipulazione dell’Intesa tra lo Stato italiano e l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. 

Combattere il pregiudizio e l’antisemitismo è – tra i molti che hanno caratterizzato l’impegno di Fubini – forse il tema a lui più caro, affrontato in tanti saggi e contributi. La sua idea della rinascita dell’antisemitismo in Italia, dopo anni di apparente silenzio e rimozione, è attuale e originale e affonda le radici nell’ultimo mezzo secolo. L’attualità emerge dall’analisi delle tipologie di antisemitismo di destra e di sinistra, entrambe connesse in modalità diverse al tema Israele, che sono anche oggi al centro del dibattito con la variante non presente ai tempi della riflessione di Fubini, dell’odio in rete. E il suo insegnamento si fonda non solo sulla constatazione, ma sulla certezza che l’antisemitismo può essere compreso e combattuto soltanto se si tiene presente la storia degli ebrei e dell’antico antigiudaismo nel suo complesso, a cui si lega come anello di una catena incessante di misure e di disposizioni antiebraiche che hanno attraversato epoche e paesi diversi dell’Europa, come dell’Asia.

E non è difficile riscontrare nel pensiero di Guido Fubini quella trasversalità e quelle interconnessioni che in modo emblematico caratterizzano certi tratti dell’antisemitismo moderno perché toccano ideologie, età, condizioni socio-economiche, comportamenti, culture differenti: è in particolare il linguaggio antisemita che appare totalmente trasversale, presente in ogni ambito politico.

E pur nella preoccupazione per l’antisemitismo tanto di destra quanto di sinistra, Fubini appare più in sofferenza per quest’ultimo, perché sembra voler sminuire, se non negare, la riaffermazione della specificità e diversità dell’essere ebrei, in nome dell’universalità. Giustamente Fubini mette in luce una certa confusione di idee e di linguaggi da parte della sinistra, il cui approccio errato consiste a suo giudizio “nell’accettare l’ebreo in quanto uguale e respingerlo in quanto diverso”.

Ed è Fubini a sottolineare che la sinistra, che nel Novecento si è identificata nei valori della libertà e dell’uguaglianza, fatica ancora ad accettare anche quello della differenza, che consente la tutela dell’identità e della specificità ebraica. E’ tra i primi a mettere in luce certi punti chiave del pensiero della sinistra, sia nella considerazione del tema Israele, sia nella distinzione tra ebrei ed ebraismo: si adopera così per contrastare l’illusione che le classi diseredate siano per forza di cose o per diritto naturale portatrici di istanze progressive, quando possono spesso essere proprio i più deboli, i “poveri”, la forza trainante dell’antisemitismo. E Israele, o meglio la preoccupazione per il “rifiuto di Israele”, viene indicato come forma specifica di una più generale ostilità contro gli ebrei.

È questo il filo rosso della denuncia dell’ostilità antiebraica che Fubini muove nel saggio “L’antisemitismo dei poveri”, un unicum nel panorama degli anni ’80.

Aldo Zargani, tra gli amici più cari di Guido, nella recensione alla riedizione del 2018 dell’Antisemitismo dei poveri scrive: “Con un’occhiata all’indice potrete constatare che i capitoli del libro sono intitolati quasi tutti con la parola “rifiuto” che significa negazione, ostilità all’ebraismo e agli ebrei: dei neri d’America e d’Africa, europeo, araboislamico, ebraico, fascista, sovietico, socialista, israeliano…”

Quel rifiuto che caratterizza il pensiero di Fubini sull’antisemitismo moderno è una costante ben messa in luce da Trematore per segnalare come, da qualunque parte lo si esamini, il fenomeno si traduce nel fatto che agli ebrei, in un modo o nell’altro, si chiede di cessare di abrogare la celebre doppia identità.

Illuminante del pensiero di Fubini sulla concezione generalizzata di antisemitismo un passaggio che l’autore de “I nuovi antisemitismi” riporta dal libro “Lungo viaggio attraverso il pregiudizio”, allorché riferisce che se gli ebrei sono “persone come gli altri“, non si dovrebbe parlare dell’ebreo per attribuire a lui le stesse caratteristiche di un altro ebreo, perché questo significherebbe affermare un luogo comune, ossia che gli ebrei “non sono tanti singoli individui come i cristiani o come gli italiani ciascuno con la propria singolarità e individualità, ma siamo tutti eguali ed intercambiabili”.

Allo stesso modo, ricollegare l’ebraicità alla ricchezza, come se l’ebreo fosse ovviamente ricco, o alla speculazione edilizia come se l’ebreo fosse sempre uno speculatore privo di scrupoli, significa cadere ancora più nei luoghi comuni, di cui si alimenta il pregiudizio antisemita a destra come a sinistra, così come l’antisionismo, categoria più recente dell’antisemitismo, a cui viene dato ampio spazio da Trematore proprio perchè la riflessione su Israele costituì una costante nel pensiero di Guido Fubini e anche un terreno di scontro con l’establishment ebraico.

Molte nuove forme di antisemitismo non sono riconducibili all’antisemitismo tradizionale (quello, per intenderci, della Germania nazista): la differenza principale sta nella natura dei comportamenti. Le nuove forme di antisemitismo, infatti, spesso non sono antisemite nel loro intento, ma nei loro effetti.  L’antisemitismo attuale si estrinseca in forme di odio e discriminazione che potrebbero anche ricalcare quelle per così dire “originarie” e che sono pesantemente presenti sul web e nei social. 

Ciò̀ che viene fatto oggetto dell’antisemitismo non è̀ più il singolo ebreo ma  lo Stato di Israele: il fatto stesso della sua esistenza è̀ alla base di molte delle nuove forme di antisemitismo.

E quanta attualità nella fase storica che l’Italia sta vivendo si trova nelle riflessioni di Fubini sul fascismo, che non fu certo un “contorno” alle leggi razziali, vero focus della politica di regime. Quando oggi spuntano nei nostri politici lacrime o parole di condanna sulle leggi razziali e la Shoà, andrebbe ricordato che le leggi razziali hanno inferto un insulto alla civiltà non emendabile con prese di distanza soltanto formali, se non prendono le mosse dall’ammissione che esse  furono il prodotto dell’ideologia razzista di un regime totalitario e non di un lapsus del legislatore o della necessità di compiacere gli alleati tedeschi : “non solo a Mussolini ed ai suoi complici – scrive Fubini – ma anche a coloro che si erano fatti strumento del fascismo prima delle leggi razziali risale la responsabilità politica del razzismo fascista, della caccia all’uomo, degli errori repubblichini”.

 

Daniele Trematore: I nuovi antisemitismi. Lo sguardo attento di Guido Fubini – pp.329, 32 €

 

Dipinto di Samuele Navarro
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