di Anna Segre

Per un’insegnante di lettere parlare della propria insegnante di lettere appare un’impresa titanica: ai ricordi comuni a tutti della propria vita scolastica, dei compagni, dei professori, dell’atmosfera di quegli anni (tra il ’77 e l’80) si sommano i ricordi specifici delle lezioni, dei metodi didattici, dei libri imposti o consigliati, del tipo di esercizi e di verifiche che faceva fare, insomma di tutto ciò che è stato assorbito più o meno consapevolmente come un modello da imitare, una miniera da cui trarre preziosi spunti per il proprio lavoro. Tutti i ricordi diventano quindi significativi, per un motivo o per l’altro, ed è difficile scegliere su quali soffermarsi. Con Rossella, poi, la mole dei miei ricordi raddoppia ulteriormente perché dodici anni dopo che ero stata sua allieva alla scuola media Emanuele Artom di Torino ci siamo ritrovate nella stessa scuola come colleghe. Dodici anni non sono moltissimi, eppure nel frattempo tante cose erano cambiate. Da allieva ero una ragazzina osservante (dell’osservanza all’italiana, un po’ all’acqua di rose, ma a quei tempi già così significava essere una mosca bianca) e lei un’insegnante laica e molto di sinistra, dieci anni dopo io ero diventata più laica e lei più religiosa, e anche politicamente le parti si erano quasi scambiate: in un certo senso io ero diventata quello che lei era dodici anni prima, probabilmente anche grazie anche alla sua influenza. Dunque se ripenso alla Rossella mia insegnante di lettere mi rendo conto di esserle grata anche per cose che non sono sicurissima che la Rossella degli ultimi anni avrebbe apprezzato: è stata la prima da cui ho sentito illustrare la storia dello stato di Israele in modo puntuale e non troppo agiografico, con luci e ombre, come storia, appunto, e non come mitologia; da insegnante di geografia era attentissima all’attualità, italiana e internazionale, per cui, per esempio, aveva assegnato a ciascuno di noi alunni il compito di ritagliare dai quotidiani tutte le notizie relative a uno stato o a un gruppo di stati e riferirne ai compagni (quando ne abbiamo riparlato da colleghe, perché io volevo appunto fare la stessa cosa con i miei allievi, mi aveva detto di aver abbandonato quell’attività perché nel frattempo la qualità dei giornali era molto diminuita). Non credo, comunque, che si offenderebbe o sarebbe dispiaciuta per questi miei ricordi, anche perché dimostrano la sua preparazione e la sua mentalità molto aperta nello sperimentare metodi didattici innovativi in un periodo in cui erano tutt’altro che scontati (passando al biennio della scuola superiore mi sembrava poi di essere tornata indietro di decenni); inoltre questi miei ricordi così vivi sono una prova del suo entusiasmo contagioso, della passione genuina che Rossella metteva in qualunque genere di attività, fosse pure la grammatica (in cui, peraltro, era precisa e rigorosissima: devo certamente a lei i miei bei voti di latino anche se ero praticamente l’unica della mia classe liceale a non avere studiato latino alle medie).

Da collega ho ritrovato in Rossella lo stesso entusiasmo e la stessa passione di dodici anni prima e la sua continua sperimentazione di idee nuove, con un’attenzione più marcata alla tradizione ebraica. Da lei ho imparato che le recite scolastiche se prese seriamente possono diventare veri e propri laboratori teatrali, da lei ho imparato quanti spunti di attualità sono contenuti nella Meghillat Ester, da lei ho ricevuto, da allieva e da insegnante, tanti spunti, idee, consigli di lettura.

Lo stesso entusiasmo e la stessa passione che non l’hanno mai abbandonata in tutte le organizzazioni e attività in cui era coinvolta, dall’associazione Italia-Israele, all’amicizia ebraico-cristiana all’università della terza età al gruppo di studio delle donne, sempre pronta a intervenire e commentare, dibattere. Anche se era molto determinata nel difendere le proprie opinioni non mancava di dare peso e attenzione alle opinioni altrui e il suo dissenso era comunque sempre indirizzato alle idee, mai alle persone.

In questo contesto credo che sia anche giusto ricordare che è stata redattrice di Ha Keillah dal 1983 al 1987, scrivendo di vari argomenti, degli ebrei etiopi in Israele ai pregiudizi antisemiti contenuti nei libri di testo di storia, dalla recensione di Danny l’eletto di Potok a incontri con esponenti di organizzazioni ebraiche per la pace, alla critica all’antisionismo di sinistra.

È certamente una grande perdita per la nostra Comunità. Come ha osservato un redattore di Ha Keillah, in tempi in cui tutti sono definiti solari Rossella lo era davvero.

Che il suo ricordo sia di benedizione.

image_pdfScarica il PDF