di Benedetto Terracini

Fra i molti strumenti di conoscenza che il nuovo sito dell’Archivio Terracini mette a disposizione c’è una banca dati che raccoglie la descrizione lettera per lettera della corrispondenza conservata nel fondo del COM.AS.EB.IT. (Comitato di Assistenza per gli Ebrei in Italia) di Torino, corredata da scansioni di tutti i documenti. Il lavoro di descrizione e riproduzione dei singoli documenti, e di indicizzazione dei nomi contenuti nelle lettere, è stato sostenuto dalla Regione Piemonte e oggi prosegue sulla corrispondenza di un altro importante fondo d’archivio, complementare a quello del COM.AS.EB.IT. ma di gran lunga più ampio: l’epistolario della delegazione torinese della DEL.AS.EM. (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei).

L’Archivio Terracini ha ricevuto il fondo DEL.AS.EM. in due versamenti piuttosto distanti nel tempo, di cui gli inventari, disponibili on line, danno conto. Si conserva corrispondenza in entrambi i versamenti, e il lavoro di descrizione lettera per lettera, che è iniziato circa un anno fa, per ora interessa l’epistolario conservato nel secondo versamento, in particolare la serie della corrispondenza in uscita. Questa sezione contiene circa 2.000 lettere, prevalentemente dattiloscritte, inviate dal professor Giulio Bemporad, noto astronomo e responsabile della delegazione di Torino.

Tra i destinatari della corrispondenza di Bemporad interlocutore privilegiato era il coordinamento centrale della DEL.AS.EM. a Genova.

Moltissime lettere consistono di poche righe di accompagnamento ad assegni (mediamente 100 lire mensili) a ebrei stranieri internati in campi di concentramento (e considerati “prigionieri di guerra”) che avevano precedentemente avuto qualche contatto con la Comunità israelitica di Torino (ma i criteri di “attribuzione” degli ebrei stranieri all’attenzione di una delegazione della DEL.AS.EM. piuttosto che a quella di un’altra non emergono chiaramente). Tra i campi in Italia Meridionale dove erano allocati gli ebrei stranieri come “internati di guerra” quello di Ferramonti di Tarsia è il più noto, ma non certo l’unico. Quello che è stato sorprendente (almeno per me) è il numero di campi di concentramento in Piemonte e in Val d’Aosta (tra cui Agliano d’Asti, Cuorgné, Castelnuovo Don Bosco, Cocconato, Montiglio, Nizza Monferrato, San Damiano oltre alla ridicola “San Vincenzo alla Fonte” ed altri).

Nei campi le condizioni di vita erano critiche. I capi famiglia ricevevano dallo Stato 8 lire al giorno. Dall’epistolario parrebbe che mogli e altri membri della famiglia ricevessero la stessa cifra in alcuni posti e una cifra dimezzata o comunque ridotta in altri. Inoltre, il capo famiglia aveva diritto a una indennità alloggio di 100 lire al mese. Gli internati fruivano della franchigia postale, ma vi furono tentativi di abolire questo privilegio, confondendo i diritti degli “internati di guerra” con i “motivi di polizia”. Ciò che dava lo Stato era largamente insufficiente, e le delegazioni della DEL.AS.EM. integravano nella misura del possibile, cercando di rispettare criteri di equità, anche in considerazione delle condizioni di salute del destinatario. Le richieste di oggetti di vestiario erano all’ordine del giorno, con conseguente attenzione di Bemporad a questioni di taglie e di numero di scarpe.

L’epistolario nella parte finora esaminata non contiene i rendiconti finanziari che venivano redatti mensilmente dalla Comunità israelitica, ma consente di capire come venivano utilizzati i fondi a disposizione. Ovviamente è meno informativo sulle entrate. Il benemerito impegno di Bemporad nella raccolta di fondi (dagli ebrei del Piemonte ma non solo da loro) e l’efficienza nel rispondere alle richieste degli internati è molto evidente, e anche la sua disponibilità a metterci del proprio per situazioni di particolare indigenza. Emerge anche, in più lettere alla DEL.AS.EM. centrale, una sua insofferenza per fastidiose (provocatorie e ingiustificate, per quanto si può dire) intromissioni nella sua attività da parte del presidente della Comunità.

 

L’impegno di Bemporad è stato enorme. Non risulta che nel periodo coperto dall’epistolario avesse qualche persona che lo aiutasse. Alcuni giorni, scriveva più di dieci lettere. Prendeva a cuore e andava a fondo di ogni caso personale. Uno dei suoi principi era la salvaguardia dell’ebraismo e della formazione dei bambini (anche attraverso spostamenti all’orfanotrofio di Torino). Nel 1941, alla signora che da Potenza gli chiedeva “un aiuto speciale per il bambino che deve nascere” risponde “io mi occuperò di tutto quello che sarà necessario, affinché il bambino possa essere un ebreo” e promette di spedire un corredino da neonato. Ogni anno, in primavera, sorgeva il problema di garantire agli internati la fornitura di pane azzimo, cosa non semplice, non solo per problemi logistici, ma anche per la procedura burocratica della consegna delle azzime a fronte dei bollini per il pane delle tessere annonarie (razioni giornaliere in diminuzione di anno in anno: nel 1942 un chilo e mezzo a testa).

Fino a metà 1942 (dopo Pearl Harbour), nell’epistolario i tentativi di emigrare sono un argomento ricorrente, con scambio di informazioni e di istruzioni tra DEL.AS.EM. di Torino, Genova e Roma e (pochi) ebrei stranieri, anche internati, in condizioni di far fronte a gravi e complesse difficoltà economiche e burocratiche. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, le vie di uscita erano limitatissime.    Oltre a sporadiche menzioni di voli per Tunisi e Lisbona, il principale riferimento nell’epistolario è a un convoglio ferroviario settimanale da Milano e Torino che – attraverso la Francia di Vichy – in 60 ore entrava in Spagna (con eventuale appendice in Portogallo), unico paese europeo che avesse ancora regolari comunicazioni marittime con l’America Latina (i porti di imbarco erano Bilbao e Lisbona). Oltre alla disponibilità di soldi per il viaggio, era necessario un passaporto valido, il visto del paese americano di destinazione, il visto spagnolo e portoghese e – last but not least – il visto di transito della autorità “indipendente” di Vichy (quest’ultimo concesso con grande difficoltà).  Erano tutti a durata limitata, arrivavano dopo attese lunghe, con il rischio di incompatibilità finale tra le date di validità dei vari documenti. Dalle lettere di Bemporad emerge grande apprezzamento per la disponibilità e solidarietà con chi cercava riparo dall’altra parte dell’Atlantico del personale dell’Agenzia di viaggi Perlo di piazza Carlo Felice.

Tra gli internati nei campi, non mancavano quelli che si erano fatti battezzare (con menzione anche, di battesimi in itinere dopo l’internamento nei campi). La questione emerge in più punti dell’epistolario. Nel maggio 1942, qualche giorno prima della visita del rabbino di Torino al campo di Castellamonte, dal campo viene chiesto di chiarire se “il Rabbi viene a visitare tutto il gruppo o soltanto la gente di confessione israelitica”, dato che nel campo vi sono soggetti “battezzati da tempo ed anche persone che hanno – come dicono loro – soltanto comperato una fede di battesimo”. L’opinione di Bemporad è chiara: “io stesso – non per spirito di ortodossia – non avevo mai inteso di poter portare aiuto e conforto a disertori”.

Verso la fine del 1942, con i grandi bombardamenti su Torino, Bemporad, con la sorella, è “sfollato” a Busca, in provincia di Cuneo, e la corrispondenza si dirada. Sarà interessante “leggere” il 25 luglio attraverso la corrispondenza che è rimasta.

 

 

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