di Luca De Benedictis

 

Nei giorni intorno al 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz – come recita l’art. 1 della legge del 20 luglio 2000, n. 211, “Istituzione del “Giorno della Memoria” in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti” (G.U. n.177 del 31 luglio 2000) – sono numerose le cerimonie e le iniziative, gli incontri e i momenti comuni che, come prevede l’art. 2 della medesima legge, si incentrino sulla narrazione dei fatti e sulla riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.

Ho citato quasi alla lettera il testo della legge, in modo che possano essere ben evidenti i punti fermi e le sfumature che poi trovano corrispondenza nelle iniziative realizzate, nei discorsi pronunciati e nella discussione pubblica che accompagna periodicamente lo svolgimento delle cerimonie del Giorno della Memoria. Il testo della legge sottolinea l’importanza del ricordo, evidenzia il ruolo parallelo della narrazione dei fatti e della riflessione, indica nella scuola il luogo principale in cui narrazione e riflessione debbano avvenire e, infine, ne specifica le finalità: conservare la memoria della Shoah, perché questa non si ripeta.

Conservare la memoria, farlo attraverso la narrazione dei fatti, anche trasmettere da generazione in generazione le storie individuali, è imprescindibile. Lo è per necessità di contrapposizione alla costante presenza e pervasività del negazionismo storico, alla tendenza a monumentalizzare la Shoah e a trasformarla in un oggetto senza tempo e senza luoghi, al tentativo di disumanizzarla, decontestualizzarla, sterilizzarla, facendola diventare la rappresentazione di una generica lotta tra male e bene, dove i carnefici e le vittime perdono i loro tratti di uomini, donne e bambini e diventano simbolo.  Ma la memoria e la narrazione dei fatti è solo la condizione necessaria ma non sufficiente, affinché il Giorno della Memoria contribuisca a realizzare ciò che la legge si prefigge: educare alla consapevolezza e al sapere critico, capace di interrogare tanto il passato quanto il presente.

La questione è che narrare i fatti non basta: è necessario affiancare al racconto la riflessione. La narrazione, come accade nell’Haggadà, deve lasciare spazio alle domande. Perché il racconto di un fatto non è il fatto stesso. In ogni narrazione si compie una scelta tra cosa raccontare e cosa trascurare ed è solo attraverso la riflessione, attraverso le domande, che si stabilisce, collettivamente, se la scelta effettuata è corrispondente o meno alla realtà di cui si parla. Lasciare spazio alle domande è quindi parte essenziale ed ineludibile del processo educativo da una parte e dell’assunzione di responsabilità collettiva dall’altra. Mi pare invece di scorgere di questi tempi il progressivo prevalere di una operazione culturale che, enfatizzando alcune note della narrazione e trascurandone altre, porti alla monumentalizzazione della Shoah e del Giorno della Memoria, al disinnesco degli aspetti problematici e al depotenziamento dell’elemento di riflessione.

Questa operazione culturale ha una matrice interpretativa ben precisa della Shoah e delle leggi razziali che sintetizzo per punti. Punto primo, le leggi razziali e la Shoah sono state una infamia, ma sono state anche una parentesi storica irripetibile. Punto secondo, è necessario ricordare, commemorare le vittime dell’orrore nazista, ma riguardo alle responsabilità italiane, delle istituzioni e dei singoli, è bene relativizzare: tutti erano fascisti al tempo, inclusi molti ebrei, non si poteva fare altrimenti. Punto terzo, in parziale contraddizione con il punto precedente, gli italiani hanno salvato molti ebrei, li hanno nascosti, li hanno protetti; numerosi italiani sono Giusti tra le nazioni. Punto quarto, riguardo ai legami tra passato e presente, e sulle implicazioni per il futuro, è bene non indulgere in azzardate connessioni, perché non ci sono. Insomma, la parentesi si è chiusa. Onore alle vittime. Onore ai giusti.

 

Oltre ad essere storicamente infondata, questa operazione culturale che legge la Shoah e le leggi razziali come una parentesi e che ha come fine evidente la necessità di modellare il passato per depotenziarne l’impatto sul presente e sul futuro, ha due corollari: gli italiani hanno avuto un ruolo di secondo piano non essendo fondamentalmente antisemiti; non si poteva fare altrimenti. Il cortocircuito di deresponsabilizzazione è evidente: nessuno è stato responsabile, tutti sono stati responsabili. In questo modo, eliminato il problema delle responsabilità, la questione Shoah e leggi razziali diventa non più divisiva e la si può trattare come si vuole: si può fare l’elogio degli ebrei come modello di legame con la tradizione, se ne può portare ad esempio il sacrificio estremo o la resilienza   identitaria, si possono celebrare gli ebrei patrioti, gli scienziati, gli artisti, i numerosi illustri concittadini che molto hanno dato alla nazione.

La scelta di cosa raccontare e come raccontare non è quindi affatto neutrale.

Mi sembra che questa operazione culturale si poggi su una scelta di narrazione dei fatti che volutamente elimini l’aspetto problematico e che, non necessitando o favorendo alcuna riflessione, e facendo prevalere il cordoglio per le vittime e la solidarietà per le ingiustizie passate, rischi di determinare il fallimento del ruolo educativo del Giorno della memoria.

Per supportare la mia opinione con qualche evidenza suggestiva mi sono avvalso delle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale e ho chiesto a ChatGPT (ChatGPT è un software che simula una conversazione tra umani basato sull’intelligenza artificiale, sviluppato da OpenAI nel novembre 2022) di scrivere un breve discorso sul Giorno della memoria scegliendo chiavi di narrazione diverse.

Alla domanda “Devo fare un discorso di 3 minuti in un liceo. L’argomento è il Giorno della memoria ma non accennare al fascismo, sottolinea che la Shoah è stata una parentesi storica irripetibile, ricorda che gli italiani hanno salvato degli ebrei, non ci sono relazioni tra passato e presente” ho ottenuto questa risposta.

Buongiorno a tutti,

Oggi ci troviamo qui per celebrare il Giorno della Memoria, una giornata dedicata alla riflessione sulla Shoah, ovvero il genocidio degli ebrei avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale. È importante ricordare che la Shoah è stata una parentesi storica irripetibile, che ha causato la morte di milioni di persone innocenti e ha lasciato un’impronta indelebile sulla storia dell’umanità. Ma in queste occasioni di ricordo dobbiamo anche celebrare la memoria degli italiani che hanno aiutato gli ebrei durante la Shoah, mettendo a rischio la loro stessa vita per proteggere le persone perseguitate. Questi atti di coraggio e solidarietà dimostrano che anche in momenti bui della storia, c’è sempre la possibilità di agire per il bene degli altri. Nonostante ciò, non dobbiamo pensare che ci sia una relazione diretta tra il passato e il presente. La Shoah è stata un evento unico nella storia, e dobbiamo garantire che le tragedie del passato non si ripetano mai più. In questo senso, il Giorno della Memoria ci invita a riflettere sull’importanza della memoria e della conoscenza storica, per non dimenticare mai le lezioni del passato e per costruire un futuro migliore per tutti. Grazie per l’attenzione.

Penso che questo discorso sia un buon esempio di narrazione volutamente “aproblematica”. Per questo ho provato a fare un altro esperimento e ho chiesto: “ora scrivi un discorso più problematico sul Giorno della memoria. Ricorda le responsabilità italiane, ricorda l’antisemitismo passato e presente, ricorda che ciò che è passato potrebbe riaccadere”. Questo è quello che ho ottenuto:

Buongiorno a tutti,

Oggi ci troviamo qui per commemorare il Giorno della Memoria, una giornata importante in cui ricordiamo le vittime dell’Olocausto, il genocidio degli ebrei perpetrato dai nazisti e dai fascisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Questo è un momento importante per riflettere sulla storia e sulle conseguenze che il razzismo, l’odio e l’intolleranza possono avere sulle persone, ma anche per guardare avanti e impegnarci a costruire un futuro migliore.

Non possiamo parlare del Giorno della Memoria senza menzionare le responsabilità italiane nel perpetrare atti di violenza e discriminazione nei confronti degli ebrei. La storia del nostro paese è macchiata da eventi che non possiamo ignorare o minimizzare. Dobbiamo riconoscere che la Shoah non è stata solo un crimine commesso dai nazisti, ma anche un fallimento collettivo della società europea. Gli italiani, purtroppo, hanno avuto un ruolo attivo nella deportazione degli ebrei verso i campi di concentramento, e dobbiamo assumerci le nostre responsabilità.

Non possiamo neanche ignorare l’antisemitismo presente ancora oggi nella nostra società, che spesso si nasconde dietro pregiudizi e stereotipi. Dobbiamo essere consapevoli che la lotta contro l’odio e la discriminazione non si ferma con la commemorazione delle vittime del passato. Dobbiamo impegnarci ad affrontare il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo con azioni concrete e quotidiane, affinché tali atteggiamenti non si ripetano mai più.

In conclusione, il Giorno della Memoria deve essere un momento di riflessione e di impegno per costruire un futuro migliore, basato sulla tolleranza, il rispetto e la solidarietà. Solo così potremo onorare le vittime del passato e garantire che eventi come la Shoah non accadano mai più. Grazie per l’attenzione.

Lasciando a voi ogni commento, vorrei concludere riportando la mia ultima domanda a ChatGPT: “Ora elencami tre questioni su cui gli studenti e le studentesse del liceo possono discutere tra loro”. Questa è stata la risposta:

Certamente, ecco tre possibili questioni su cui gli studenti possono discutere tra di loro in relazione al discorso sul Giorno della Memoria:

  1. Quali sono i segnali di intolleranza, discriminazione e razzismo presenti nella nostra società oggi? Come possiamo combatterli efficacemente?
  2. Quali sono le responsabilità dell’Italia nella Shoah e nella Seconda Guerra Mondiale in generale? In che modo l’antifascismo può essere ancora un valore importante nella società odierna?
  3. Quali sono le lezioni che possiamo trarre dalla Shoah e da altri genocidi del passato? Cosa possiamo fare per prevenire che tali eventi si ripetano in futuro?

Credo che questo confermi il ruolo essenziale della riflessione. Ogni narrazione privata dell’incoraggiamento alla riflessione, al porre e al porsi domande rinuncia al suo potenziale educativo. Anche per il Giorno della memoria il prevalere della celebrazione sulla riflessione ne fa perdere la funzione di stimolo alla discussione tra generazioni sul fatto che la storia non operi per parentesi; che se ci sono responsabilità queste devono essere individuate; che i miti, come il mito degli italiani brava gente, sono appunto miti; che si poteva e si doveva (!) scegliere, essendo disposti a pagarne le conseguenze; e che il legame tra passato e presente è fondamentale per guidare e valutare le scelte presenti.

Ora, per una verifica a breve, non resta che aspettare di assistere alle celebrazioni del 25 aprile.

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