di David Calef

Il 29 dicembre 2023, il Sudafrica ha avviato un procedimento contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia (la Corte) all’Aja. Nella sua istanza, il Sudafrica ha sostenuto che il modo in cui Israele sta conducendo le sue operazioni militari a Gaza viola la Convenzione Internazionale sulla Prevenzione e Punizione del crimine di Genocidio (la Convenzione).

La Corte è composta da 15 giudici a cui si sono aggiunti 2 giudici ad hoc nominati dalle due parti in causa nel procedimento avviato dal Sud Africa. Il giudice ad hoc proposto da Israele è Aharon Barak, ex presidente della Corte Suprema di Israele, nominato da Netanyahu, Quest’ultimo, come è noto, nel 2023 ha fatto di tutto per limitare i poteri della Corte Suprema nell’esercizio del controllo sul potere esecutivo. Ciononostante, il governo israeliano ha avuto l’accortezza di scegliere Barak e affidargli la difesa di Israele all’interno del collegio della Corte. Nato nel 1936 in Lituania, Barak, oltre ad essere internazionalmente riconosciuto come molto autorevole, è un sopravvissuto al genocidio nazista.

Il Sudafrica ha rivendicato il diritto a  presentare le sue accuse davanti alla Corte in quanto, secondo la Convezione, qualunque stato anche se non direttamente danneggiato da una violazione della Convenzione, può intraprendere azioni per prevenire un genocidio. Per esempio, nel 2019, il Gambia ha avviato un procedimento contro il Myanmar accusato di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti dei Rohingya (pulizia etnica, omicidi di massa e distruzione sistematica di villaggi) ottendendo che la Corte emettesse un’ingiuzione provvisoria volta a prevenire il rischio di genocidio.

L’11 e il 12 gennaio scorso, la Corte ha tenuto due udienze in cui a Israele e al Sudafrica sono state concesse tre ore ciascuno per presentare i propri argomenti. Due settimane più tardi, il 26 gennaio 2024, la Corte di Giustizia ha emesso un pronunciamento preliminare su cui ritorneremo tra breve.

L’articolo II della Convenzione

L’articolo II della Convenzione stabilisce che il crimine di genocidio è caratterizzato da due elementi: un elemento oggettivo (actus reus) ovvero gli atti fisici che configurano il crimine di genocidio e un elemento soggettivo (mens rea) ovvero l’intento di distruggere un gruppo nella sua totalità o in parte.

Nel ricorso presentato alla Corte, il Sudafrica ha denunciato otto atti di natura genocidaria commessi da Israele tra cui l’uccisione di massa dei palestinesi nella striscia di Gaza, la privazione di acqua e cibo, l’espulsione di massa nonché l’inflizione di gravi danni fisici e mentali. Gli otto capi d’accusa sono corroborati da trenta pagine di dati, citazioni da rapporti stilati da organizzazioni internazionali, reportage giornalistici e video, molti dei quali postati dai soldati israeliani sui social media.

Vale la pena sottolineare che il ricorso presentato dai magistrati sudafricani si sofferma sul numero di palestinesi uccisi durante l’offensiva israeliana a Gaza: 21.110 (il 29 dicembre 2023) e al momento in cui scriviamo 29.500, di cui circa due terzi vittime civili. Tirare in ballo il numero dei morti sembrerà a qualcuno poco elegante e poco significativo. Per questo è utile fare un confronto con un altro conflitto che tutti abbiamo presente: l’aggressione russa contro l’Ucraina.

A fine gennaio 2024, dopo quasi due anni dall’inizio del conflitto, l’invasione ordinata da Putin aveva causato la morte di 10.378 vittime civili, mentre, in soli quattro mesi, i bombardamenti israeliani ne hanno provocate circa 18.000 su 29.500 morti in totale. Fare il conteggio sarà sconveniente ma non si può fare a meno di notare che in 120 giorni, Israele ha ucciso l’l% circa della popolazione civile palestinese di Gaza mentre i russi dopo 700 giorni non hanno eliminato neanche lo 0,3% della popolazione civile ucraina. Paragoni a parte, il numero di morti va considerato insieme al grado di devastazione delle infrastrutture civili a Gaza, il 50 % almeno delle quali a fine gennaio erano distrutte. Presi insieme, il numero immane di morti e la devastazione causata dai bombardamenti dovrebbero far meditare chi avvalla le affermazioni di Israele, ripetute dai giudici israeliani all’Aja – sul fatto che l’esercito fa di tutto per minimizzare le vittime civili soprattutto alla luce del modo in cui Israele ha condotto i bombardamenti. Secondo un video-reportage del New York Times (NYT), citato nella memoria dei magistrati sudafricani, Israele bombarda aree di Gaza che erano state dichiarate sicure dall’esercito israeliano con bombe Mk 84 del calibro di 900 chilogrammi, un calibro che neanche l’esercito degli Stati Uniti usa più in zone densamente popolate. Le Mk84 hanno un raggio letale fino a 360 metri e quindi non possono distinguere tra un miliziano di Hamas e un bambino che si trova a 3 campi di calcio di distanza. Sempre secondo il NYT:

“La nostra analisi indica che bombe da 2.000 libbre sono state sganciate di routine nel sud di Gaza durante le prime sei settimane di guerra. E suggerisce che anche per coloro che hanno seguito tutti gli ordini e gli avvisi di evacuazione israeliani, non c’era ancora sicurezza in una zona di guerra che è più pericolosa per i civili di qualsiasi altra nella storia recente”

“I funzionari americani hanno anche detto [al NYT] che nella guerra di Gaza, Israele ha dimostrato una maggiore tolleranza rispetto alle forze armate statunitensi nel causare vittime civili.

“Nello stesso periodo (22 dicembre 2023), fonti dell’intelligence statunitense hanno riferito alla CNN che il 40-45% delle 29.000 munizioni aria-superficie sganciate su Gaza in quel momento erano le cosiddette bombe stupide (dumb bombs), ordigni non guidati che possono rappresentare una maggiore minaccia per i civili, soprattutto in territori densamente popolati come Gaza”.

Provare l’elemento di mens rea, ovvero l’intenzione di commettere un crimine come il genocidio è quasi sempre complicato. Il caso di Hamas che ha più volte dichiarato che l’obiettivo delle proprie azioni è eliminare Israele, non costituisce la norma. Chi intende distruggere un gruppo non necessariamente annuncia le proprie intenzioni all’opinione pubblica mondiale, soprattutto se è uno stato considerato da molti “l’avamposto della democrazia e dell’Occidente”. Infatti, l’obiettivo ufficiale del governo israeliano è la distruzione dei terroristi di Hamas colpevoli del massacro compiuto nel giorno di Simchat Torah. Tuttavia, dopo il 7 ottobre, una parte della società israeliana ha perso molte inibizioni. Tanto da rendere facile ai magistrati sudafricani documentare oltre 70 dichiarazioni di leader israeliani, da Netanyahu al Presidente Herzog, che auspicano l’annientamento degli abitanti di Gaza, senza fare distinzioni tra Hamas e civili. La Corte ne ha preso nota citandone un campione nella delibera del 26 gennaio 2024. Un esempio per tutti è il discorso pronunciato dal Presidente Isaac Herzog il 13 ottobre: “C’è un’intera nazione che è responsabile. Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non responsabili. Non è assolutamente vero. … e combatteremo fino a spezzargli la spina dorsale”. Purtroppo è difficile equivocare le parole di Herzog e quelle di quei soldati israeliani che cantano Mi attengo a una mitzvah/Spazzare via il seme di Amalek/Conosciamo il nostro slogan:/Non esistono “civili innocenti” verosimilmente ispirate alle dichiarazioni di Netanyahu e Herzog.

La difesa di Israele

Israele ha reagito con sdegno alle accuse di genocidio, una categoria di crimine coniata all’indomani della Shoah per dare un significato giuridico specifico al più infame tra i crimini: lo sterminio di un popolo, o il tentativo di farlo. Israele è stato uno dei primi firmatari della Convenzione sul genocidio, che ha ratificato nel 1950. Questa è una delle ragioni per cui la maggior parte degli israeliani ritiene assurda l’accusa di genocidio, liquidandola come “oltraggiosa” (Netanyahu) o equiparandola all’accusa di omicidio rituale (Isaac Herzog).

All’Aja, Israele ha sostenuto che gli atti denunciati dal Sudafrica non  rientrano nelle disposizioni della Convenzione sul genocidio perché non è stata dimostrata la necessaria intenzione specifica di distruggere, in tutto o in parte, il popolo palestinese in quanto tale, prima facie.

Secondo il collegio di difesa d’Israele, “all’indomani delle atrocità commesse il 7 ottobre 2023, di fronte agli attacchi missilistici indiscriminati di Hamas, [Israele] ha agito con l’intenzione di difendersi, di porre fine alle minacce e di salvare gli ostaggi. Israele ha aggiunto inoltre che le sue pratiche volte a mitigare i danni civili e a facilitare l’assistenza umanitaria dimostrano l’assenza di qualsiasi intento genocida”

In particolare, la strategia di difesa di Israele all’Aja poggia su almeno due argomenti:

  1. mettere in dubbio l’attendibilità delle cifre sulle vittime civili palestinesi in quanto diffuse dal Ministero della salute gestito da Hamas.
  2. il genocidio ha avuto luogo ma è stato commessso il 7 ottobre da Hamas e Israele sta combattendo una guerra di auto-difesa per evitare che si ripetano massacri efferati come quello che ha scatenato la guerra. Secondo la difesa, i morti e la devastazione dell’infrastruttura civile di Gaza non costituiscono affatto un crimine di guerra, nè tantomeno un genocidio, bensì sono il costo necessario e inevitabile di una risposta legittima alla minaccia esistenziale costituita da Hamas e altri gruppi di terroristi islamici.

Molti analisti non hanno trovato convincenti le due argomentazioni. Per quanto riguarda il punto 1. è vero che oggi, a guerra in corso, non esiste nessuna autorità indipendente a Gaza, in grado di verificare le cifre fornite dal Ministero della Salute ma è altrettanto vero che nei precedenti conflitti tra Hamas e Israele (per esempio, 2014, 2021), le stime dei palestinesi uccisi provenienti da fonti Hamas hanno sempre coinciso entro un margine di errore del 10-15% con quelle confermate da Israele o da organizzazioni internazionali a guerra finita.

Per ciò che riguarda il punto 2) come già detto, le intenzioni di Hamas non sono tema di interpretazione. Hamas vuole  eliminare Israele. Di più, i leader del gruppo terrorista con l’attacco del 7 ottobre, hanno dimostrato non solo di non avere a cuore il benessere degli abitanti di Gaza ma anzi di aver fatto del loro peggio per devastarne le vite. Tutto ciò è riconosciuto dalla stragrande maggioranza degli osservatori e dei media italiani e internazionali.  

Tuttavia, dando per legittimo il diritto di Israele a condurre operazioni militari di autodifesa, la linea difensiva dei giudici israeliani rivela una debolezza. Hamas ha commesso una strage di indicibile orrore, ma ciò, secondo la Convenzione, non autorizza a rispondere con operazioni militari che hanno – come ammesso dallo studioso della Shoah, Omer Bartov – un potenziale genocida nel perseguimento dell’autodifesa.

Inoltre, che Israele faccia attenzione a salvaguardare le vite dei civili sembra smentito almeno parzialmente non tanto dal numero di morti quanto dai numerosi video reportage che mostrano donne e bambini uccisi dall’esercito israeliano quando è evidente che essi non pongono alcuna minaccia ai soldati di Tsahal.

Sono comunque le parole del giudice Barak del 26 gennaio a mostrare l’essenza della strategia difensiva di Israele:

“Il genocidio è un’ombra sulla storia del popolo ebraico e si intreccia con la mia esperienza personale. L’idea che Israele sia ora accusato di aver commesso un genocidio è molto dura per me, in quanto sopravvissuto a un genocidio e profondamente consapevole dell’impegno di Israele nei confronti dello Stato di diritto in quanto Stato ebraico e democratico”.

Barak ripete ciò di cui milioni di cittadini israeliani e milioni di ebrei nella diaspora sono convinti e non mettono in discussione: gli israeliani sono costituzionalmente incapaci di commettere crimini nei confronti di civili. Nella memoria in dissenso depositata presso la Corte, Barak ha ricordato il Codice Etico delle Forze Militari Israeliane:

“Un soldato dell’IDF (Israel Defence Force) eserciterà il proprio potere o userà la propria arma solo per compiere la propria missione e solo quando necessario… …Il soldato non userà la sua arma o il suo potere per danneggiare i civili e i prigionieri non coinvolti e farà tutto ciò che è in suo potere per prevenire danni alle loro vite, ai loro corpi, alla loro dignità e alle loro proprietà”.

Barak ha aggiunto che il rispetto degli obblighi internazionali è nel DNA dell’esercito israeliano. Secondo l’autorevole giudice, non è una questione di cultura e di condizionamenti provocati da un ambiente che, in Israele, non di rado è ultranazionalista, ma vale un determinismo genetico che rende i soldati di Tsahal immuni da impulsi men che nobili. Ci si può chiedere in che misura i soldati impegnati nella striscia abbiano rispettato le prescrizioni del codice etico o meno. Certo è difficile comprendere in che modo l’esercito abbia preservato la dignità dei palestinesi quando ha fatto saltare con le mine l’ultima università di Gaza, quando ha demolito 16 cimiteri (non collegati ad alcun tunnel), distrutto centinaia di ettari di terreno agricolo e l’archivio centrale che conservava migliaia di documenti della storia degli abitanti della striscia. Non è chiaro in che modo profanare un cimitero o impedire l’ingresso degli aiuti umanitari avvicini la liberazione degli ostaggi o la cattura di Sinwar.

Le misure cautelari

Determinare se l’accusa del Sudafrica sia fondata richiederà anni. In questa fase preliminare, la Corte non decide nel merito se le azioni di Israele a Gaza costituiscano un genocidio o meno. Per questo, consapevoli dei tempi lunghi necessari per arrivare ad una sentenza finale, i giudici sudafricani hanno richiesto l’approvazione di nove misure cautelari. Sulla scorta della memoria depositata dal Sudafrica, la Corte ha ritenuto che alcune delle imputazioni avanzate fossero plausibili, riconoscendo che esiste un rischio reale che un genocidio venga commesso.

I giudici della Corte hanno quindi ordinato a Israele di rispettare una serie di misure cautelari: prevenire atti genocidari contro i palestinesi; prevenire e punire l’incitamento al genocidio; garantire l’assistenza umanitaria; prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove dell’accusa e presentare entro un mese un rapporto che dimostri la conformità delle azioni intraprese a queste misure.

La Corte non ha accolto la richiesta del Sudafrica di imporre un cessate il fuoco scontentando il Sudafrica e gettando nello sconforto chi auspicava una soluzione rapida.

Nella seconda fase in cui la Corte deciderà in merito al genocidio, gli standard probatori saranno molto più elevati ed è possibile, perfino probabile che la maggioranza dei giudici non valuterà come sufficienti le evidenze raccolte fin lì per stabilire che Israele sia sia resa responsabile di un genocidio. Per ora bisogna fare i conti con l’enormità di un verdetto che stabilisce come plausibili i diritti dei palestinesi di Gaza alla protezione da atti di genocidio. Qualunque sarà il verdetto finale, restano uno smisurato numero di morti, una catastrofe umanitaria dalle dimensioni inedite e le parole spietate dei leader israeliani che avviliscono chiunque abbia la volontà di leggerle.

16/02/2024


Perché il Sudafrica ha accusato Israele di genocidio?

Per quale motivo, tra gli oltre 150 paesi che hanno ratificato o aderito alla Convenzione sul Genocidio è stato proprio il Sudafrica ad accusare Israele di genocidio?

La ragione principale sta nel fatto che tra il 1975 e il 1994, Israele è stato uno dei pochi paesi al mondo a non aderire al boicottaggio del regime sudafricano in tempo di apartheid intrattenendo invece rapporti commerciali nel campo degli armamenti. Per circa vent’anni, fino alla fine del regime di segregazione razziale, Israele ha venduto al Sudafrica armi per miliardi di dollari in cambio di uranio yellowcake.

I sudafricani non lo hanno dimenticato.

A questo si aggiunge la percezione nelle file dell’African National Congress – partito di maggioranza assoluta a Pretoria – che i palestinesi nei Territori occupati subiscano discriminazioni simili a quelle che la popolazione nera patì per  anni sotto il regime di apartheid.

Se il Sudafrica ha buoni motivi per simpatizzare con i palestinesi è anche vero che almeno due eventi gettano un’ombra inquietante sull’iniziativa di Pretoria. A inizio dicembre 2023,  il governo del Sudafrica ha accolto con tutti gli onori il generale sudanese Mohamed Hamdan Dagalo, leader dei Janjaweed, le milizie che hanno perpetrato a più riprese pulizia etnica e genocidio nelle regioni occidentali del Sudan (Darfur) negli ultimi due decenni.

Inoltre, sempre nello scorso dicembre, Pretoria ha avuto l’indecente idea di ospitare una conferenza a cui hanno partecipato diversi leader di Hamas residenti fuori dalla striscia di Gaza. La memoria depositata dal Sudafrica presso la CIG che accusa Israele di genocidio condanna l’eccidio di Hamas, ma le relazioni diplomatiche intrattenute con i responsabili della mattanza del 7 ottobre restano indifendibili.

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