GIOCHI NEL PARCO

di Franco Segre

Il grande parco annesso all’Hotel Majestic di Lugano, degradante dall’alto della città fino al livello del lago, è spoglio e privato di ogni cura durante il freddo inverno di una guerra che non accenna ad esaurirsi. I profughi adulti, che risiedono temporaneamente nello stabile adibito a luogo di raccolta, non hanno il tempo e la voglia di frequentare i giardini, i bambini li guardano dalle finestre chiuse con invidia e  non vedono il giorno e l’ora in cui potranno frequentarli.

Per fortuna i primi tepori della primavera sono in arrivo. I bambini si preparano per giocare all’aperto. Anch’io sono coinvolto nell’organizzazione di gruppi infantili che dovranno cimentarsi tra le aiuole fiorite, nelle lunghe ore in cui i genitori lavoreranno all’interno del caseggiato.

Quando il sole finalmente risplende e riscalda il parco, i bambini, nelle ore di gioco, scendono nelle aiuole, pronti per cimentarsi in lotte ideali tra gruppi diversi che nel frattempo si sono costituiti tra quelli con cui si è già stabilita una momentanea amicizia. Il controllo dei loro giochi sarà effettuato da un adulto, un famoso professore di psichiatria infantile, in qualità di rifugiato di riguardo.

Anch’io partecipo al nuovo divertimento: il gioco preferito tra i maschi è la formazione di bande rivali che si devono affrontare con vittorie e sconfitte, ad imitazione delle bande partigiane di cui abbiamo sentito parlare. La mia banda è comandata da Geri, un bambino più grande di tutti perché ha già 8 anni (rispetto a noi che ne abbiamo solo 6 o 7). Il professore di psichiatria infantile annota con una matita su alcuni foglietti di carta le nostre mosse, valide per i suoi studi scientifici.

La banda rivale si sta preparando per la battaglia contro di noi: dobbiamo attrezzarci per riuscire a vincerli. Ma occorrono le armi: alcuni di noi raccolgono i bastoncini caduti dagli alberi e li tramutano in fucili (ma la mia mamma non vuole che li prenda perché possono colpire la faccia e gli occhi dei “combattenti”). Geri ha un’idea geniale: possiamo costruire bombe sferiche impastando con acqua la terra scavata in un campo vicino privo di alberi: queste bocce diventeranno proiettili  che,   tirati contro  i presunti “nemici”, ci consentiranno di vincere la battaglia.

La preparazione ci impegna per qualche giorno. Alla fine controlliamo il prodotto del lavoro: le sfere di terra sono diventate durissime e Geri si complimenta con noi per il lavoro svolto: sono proprio adatte per la battaglia. Sono impaurito e mi scappa una domanda: “Ma fanno proprio male?” Il professore ci ascolta e prende nota nei suoi appunti. Alla sera riferirà a papà e mamma: “Vostro figlio è proprio bravo: si preoccupa perfino del presunto dolore provocato al nemico!” Non sa che in effetti è una vigliaccheria: temevo che questi “ordigni”, qualora venissero catturati dal “nemico”, fossero lanciati contro di noi. La mia stima nei riguardi del grande psicologo infantile è di colpo svanita: chissà quali altri spropositi scriverà sui suoi libri!

Ma un’improvvisa pioggerellina scioglierà le nostre bombe: le poche sfere rimaste intatte serviranno solo per giocare al tiro a segno.

Tra i bambini che giocano nel parco c’è Gustavo, un tipo un po’ goffo, dalla testa pelata, che sta appartato perché non gode della simpatia degli amici. I compagni della banda di Geri lo ignorano o lo prendono in giro. Siccome mi fa pena, lo faccio “mio amico” e mi confido con lui, con il disappunto degli altri. Nasce così la diceria che Gustavo sia una spia del nemico che vada catturata e castigata con le botte prima della battaglia contro i presunti nemici.

Il piano di cattura è stabilito: Geri ha dato un appuntamento a Gustavo presso una capanna abbandonata, con la scusa di concertare con lui un accordo di reciproca sopportazione. Ha dato poi l’ordine a tutta la sua banda di percorrere, all’ora stabilita, un tortuoso sentiero tra gli alberi per catturarlo di sorpresa.

Il piano crea in me una crisi di coscienza e una grande angoscia: come posso ingannare un amico? Come posso partecipare ad un’impresa basata su un tradimento? Dopo una lunga meditazione prevale la coscienza del dovere nell’aiutarlo: faccio la spia e nel momento opportuno lo aiuto a fuggire. La sua riconoscenza, fatta di profondi ringraziamenti, mi sarà di conforto nell’affrontare la collera di Geri e della sua banda. Ho così riconquistato con un tradimento un amico prezioso. Ma sarò espulso dalla banda e mi dedicherò a giochi meno cruenti, con la collaborazione di Gustavo.

 

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