di Paola De Benedetti
L’8 marzo scorso ho perso – abbiamo perso- un grande amico: è più esatto il plurale, perché Roberto Bassi, Roby, aveva amici, e spesso anche parenti, in tutta l’Italia.
Di lui ha scritto un bel ricordo per Moked l’11 marzo scorso Gadi Luzzatto Voghera. Qui non voglio ricordare gli impegni e le responsabilità assunte da Roby in campo ebraico, sia nazionale sia locale a Venezia; né voglio riproporre i molti meriti scientifici del dott. Bassi, dermatologo, endocrinologo e l’interesse particolare per la dermatologia psicosomatica, argomento divulgato anche attraverso un libro di piacevole lettura, “La ragazza che odiava gli specchi”, che Roby era venuto a presentare a Torino presso la sede dell’Ordine degli Psicologi. Qui voglio ricordare l’amico, un amico di tutta la vita.
Ci siamo conosciuti al campeggio della FGEI a Campodolcino in Valle Spluga nell’ormai lontanissimo 1949, e non ci siamo più persi di vista fino all’ultima delle sue periodiche visite a Torino con Lia, circa dieci anni fa: occasioni in cui si ricostruiva con Annamaria Levi Fubini un trio nato in Valle Spluga, che condivideva tanti ricordi, e affrontava anche con Lia scambi di idee su qualsiasi tema, specie in campo ebraico e politico. Per lunghi anni all’inizio Roby e io ci siamo frequentati più assiduamente grazie alla FGEI ai campeggi, ai Congressi, ai convegni annuali; in seguito “da grandi” all’UCEI, prima come delegati ai Congressi, poi come Consiglieri negli anni in cui l’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane diventava l’Unione delle Comunità Ebraiche.
A un Congresso FGEI del 1952 o 53 a Torino Roby aveva discusso con Sergio Liberovici, che stava facendo ricerche sulla partecipazione ebraica alla Resistenza, del lavoro del Comitato Ricerche Deportati Ebrei organizzato dal Col. Massimo Adolfo Vitale, lavoro da raccogliere e proseguire. Da quell’idea nacque due anni dopo a cura (e a casa) di Roby il CDEC – Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea. E nacquero negli anni successivi i tre Quaderni FGEI-CDEC “Gli Ebrei in Italia durante il fascismo” cui collaborò anche Roby.
Le occasioni per incontrarci sono poi diventate sporadiche, ma avevamo un sicuro appuntamento annuale da lontano: essendo entrambi nati a settembre, a una settimana di distanza una dall’altro, c’era lo scambio dei doppi auguri per il compleanno e per Rosh ha-Shanà.
Di Roby voglio ricordare la serietà e la coerenza nell’esporre e nel sostenere le sue convinzioni, l’interesse che sapeva dimostrare per il prossimo, la conversazione mai banale e soprattutto l’ironia, un’ironia puntuale e pungente, ma mai offensiva.
Un ricordo: a un Congresso FGEI dei primi anni ’50 Romano Ravenna si era presentato dichiarando di non essere delegato ma osservatore; Roby, pronto, aveva commentato “Bene, quest’anno abbiamo anche l’Osservatore Romano!”. L’ho ritrovato rileggendo, nei giorni successivi alla sua scomparsa, il suo libro di ricordi “Scaramucce sul lago Ladoga”.
Un affettuoso pensiero alla moglie Lia e ai figli, cui è toccato il privilegio di vivere vicino a una gran bella persona.